Elezioni, la “nuova Europa” di Emma Bonino: «Basta veti e più poteri alla Commissione»

Verso il voto Intervista a Emma Bonino, capolista di “Stati Uniti d’Europa” che riunisce +Europa, Italia Viva, LibDem, Radicali, Partito Socialista, Italia C’è

Chiede di parlare di più e meglio di Europa, concentrandosi sui temi e lasciando per qualche istante da parte i nomi. Emma Bonino, candidata al Parlamento europeo per la lista Stati Uniti d’Europa, è convinta che oggi l’Europa serva. Più che mai.

Nelle sue dichiarazioni sulla campagna elettorale è stata molto critica, ha detto che di Europa i capi di Stato non parlano: a chi faceva riferimento? C’è qualche esempio virtuoso?

Ci sono capi di Stato che parlano troppo e altri che parlano poco. Ma non è questo il tema, né se ci siano esempi virtuosi. Ciò che invece rileva è che la configurazione istituzionale dell’Ue, così com’è, non funziona. Per contare qualcosa questa Europa ha bisogno di un processo politico, ora o mai più. Non è pensabile che le decisioni possano essere bloccate dal diritto di veto di uno solo degli Stati membri. E non lo è ora che siamo in ventisette, figurarsi cosa significherebbe dopo l’allargamento con trentasei Stati.

Questo modo di gestire la campagna elettorale avrà un impatto negativo sugli elettori?

Certo. Occorre parlare di Europa e far comprendere ai cittadini quale sia la posta in gioco. Continuare ad avvitare il dibattito su sole questioni italiote disaffeziona gli elettori che, d’altro canto, non sentono l’urgenza di rafforzare l’Ue, spesso invece narrata come unico artefice di tutti i mali senza però che in molte materie abbia competenza. E l’invito che voglio fare ai cittadini è di informarsi e andare a votare. Il vuoto non esiste e, se non si sceglie, a determinare gli equilibri della prossima configurazione europea saranno altri. Se poi votano Stati Uniti d’Europa anche meglio.

Negli scorsi giorni ha ripreso anche il suo alleato, Matteo Renzi, che ha bocciato l’idea di una Commissione a guida Von der Leyen, mentre lei sull’ipotesi Draghi ha preferito non esprimersi. Crede sia rischioso o prematuro parlare ora di nomi?

Nessun rischio e nessun rimprovero a Matteo Renzi. Dico solo che parlare di nomi è prematuro e che, l’esperienza mi insegna, occorrerà vedere l’esito delle elezioni.

Il Parlamento europeo, nelle sue dichiarazioni, è «debole»: perché?

La riforma istituzionale che immaginiamo come Stati Uniti d’Europa è che il Parlamento assuma un ruolo legislativo effettivo: oggi è di fatto privato del suo ruolo. Ma per farlo occorre che si configuri una differente struttura, in cui non siano gli Stati membri a decidere su tutto lasciando ogni competenza a loro stessi, ma si cedano competenze specifiche su determinate materie - penso a difesa e politica estera, fiscalità, immigrazione, politiche ambientali e digitali ecc. - alla Commissione. Senza questo saremo destinati ad essere sempre più irrilevanti nello scenario globale.

Ha scritto un libro intitolato “A che ci serve l’Europa”, lei come immagina il ruolo dell’Ue rispetto all’Italia (e viceversa) di qui ai prossimi cinque anni?

Non si tratta di ruolo europeo rispetto all’Italia, ma della costruzione di una Patria europea al posto di un’Europa di piccole patrie che non hanno voce in capitolo.

Perché Stati Uniti d’Europa: qual è il senso di questa alleanza e cosa accomuna Italia Viva e +Europa? Con Calenda c’è possibilità di dialogo a partire dai temi europei?

Stati Uniti d’Europa significa un progetto federalista, come del resto lo era quello delle madri e dei padri fondatori. E ad accomunare +Europa, Italia Viva, il Psi e gli altri soggetti che compongono la lista è esattamente questo: già di per sé, un programma politico. L’offerta fatta già da dicembre a tutti, Calenda compreso, era di superare le dinamiche personalistiche e del tutto fuori contesto rispetto al rischio che si configura in termini di vittoria delle destre reazionarie e nazionaliste, per fare del gruppo liberal democratico di Renew Europe l’ago della bilancia. Evidentemente c’è chi non ha compreso o non ha voluto cogliere questa urgenza e Calenda ha deciso di correre da solo rischiando di sprecare i voti europeisti.

È d’accordo con Macron sulla strategia di persistere nel sostegno all’Ucraina, permettendo a Zelensky di utilizzare le armi che riceve dagli europei per colpire anche le basi russe? E rispetto all’idea di inviare in futuro anche soldati europei in Ucraina, cosa ne pensa?

La Russia mette in atto una guerra ibrida da anni, di propaganda e fake news sui social, nei confronti dell’Europa. Putin bombarda quotidianamente in modo massiccio territorio ed infrastrutture ucraine, lanciando bombe dallo spazio aereo russo: non è una scelta facile consentire alla contraerea ucraina di colpire quegli aerei con le nostre armi, ma nemmeno possiamo aspettare che i russi facciano terra bruciata a Kharkiv. I negoziati saranno credibili solo quando Putin capirà che con la forza non potrà andare oltre.

Non solo la guerra in Ucraina, l’Europa si è trovata a fronteggiare anche la guerra nella Striscia di Gaza. L’impressione, soprattutto agli occhi delle nuove generazioni, è però che l’Europa sia impotente di fronte a queste crisi internazionali: pensa che di qui a cinque anni questo possa cambiare? Come?

L’Ue non deve lasciare un vuoto politico, in termini di strategia e decisioni, altrimenti è fisiologico che venga riempito dalla Nato o dagli Usa. L’Ue dovrebbe parlare con una sola voce diplomatica e militare, per essere rilevante. Per questo servono gli Stati Uniti d’Europa e una difesa e politica estera comuni. Viceversa, conterà sempre meno e la voce degli europei sarà sempre più debole.

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