Elezioni europee, il leghista comasco, Alessandro Fermi: «In Ue sarò referente della Lombardia»

Verso il voto Intervista ad Alessandro Fermi, candidato per la Lega alle Europee. Attualmente è assessore regionale a Università, Ricerca e Innovazione

Se eletto, sarebbe il primo comasco a ricoprire la carica di europarlamentare. Alessandro Fermi, assessore regionale a Università, Ricerca e Innovazione lo sa bene e conta sul legame col territorio per arrivare a Bruxelles.

Come sta andando la campagna elettorale?

Venerdì sera stappo una bottiglia di vino, a prescindere da tutto, perché è stato un periodo impegnativo. Le elezioni europee sono almeno due volte più complesse delle regionali: è stata una campagna elettorale tosta, forse la più tosta che ci sia.

Perché?

Per l’ampiezza del collegio, che porta con sé due fatiche: da un lato ci sono gli spostamenti, che richiedono diverso tempo, e dall’altra c’è la necessità di farsi conoscere.

È stato difficile presentarsi al di fuori della Lombardia e dei suoi territori?

Nel nord della Lombardia le persone mi conoscono e possono esprimere un giudizio per l’attività che ho svolto in questi anni. Altrove è importante presentarsi, poi l’impressione che ho avuto è che anche dove non mi conoscevano i ritorni sono stato positivi. Certo, il tempo è stato poco...

Ha affrontato temi diversi da quelli che tocca di solito?

Un tema trasversale è stato quello delle risorse. Ormai sono in Regione da undici anni e ho visto quanto sia utile cercare di capire le esigenze dei territori e provare a dare delle risposte. E ho anche capito che spesso queste risposte sono legate ai finanziamenti.

Quindi i finanziamenti che possono venire dall’Europa.

Sì, ma c’è una diffusa sensazione di lontananza dell’Europa e si percepisce la difficoltà di far arrivare sui propri di territori le risorse che comunque a livello europeo ci sono. Farlo è stato sempre il mio obiettivo, nel momento in cui rappresento un territorio o un ente.

Cosa ne pensa dell’Europa e di questa legislatura che va chiudendosi?

In questi ultimi anni ho apprezzato l’Europa in due momenti: nella gestione della pandemia, quando ho avuto davvero la sensazione che l’Europa fosse una casa comune, e poi con il sostegno dato dal Pnrr, nel periodo post pandemico. Ci sono però una serie di elementi che mi hanno lasciato perplesso.

Quali in particolare?

Il metodo europeo. Posso condividere che l’Europa ponga degli obiettivi, come sul tema delle emissioni o dell’automotive, ma non mi è piaciuto e ho trovato arrogante che abbia imposto anche come raggiungerli, senza lasciare spazio agli Stati. È un atteggiamento demotivante per territori, come la Lombardia, che offrono un modello economico, culturale e sociale che funziona. L’Europa dovrebbe adottare un po’ di pragmatismo lombardo, che è frutto dell’impegno e del sacrificio delle generazioni che ci hanno preceduto e che hanno reso grande questa regione.

Uno degli slogan della Lega,è “Cambiamo l’Europa prima che ci cambi”. Da qui emerge una posizione euroscettica, cosa ne pensa?

Il mio slogan più che altro è stato “più Lombardia in Europa”. Credo che a livello generale ci sia stato oggettivamente un giudizio negativo sulle politiche europee degli ultimi otto anni. Negli ultimi anni a livello europeo ho notato un sottofondo ideologico pericoloso, che sta rischiando di modificare il dna italiano e lombardo, a livello di competenze. La Lega vuole provare a invertire questa rotta.

Eppure tra i candidati della Lega c’è anche il generale Vannacci, che non è rappresentativo di un territorio in particolare. Cosa ne pensa di questa candidatura?

Vannacci è un candidato indipendente e intercetta un consenso personale che è slegato dai territori e legato alla sua visione del mondo, che ha espresso in maniera molto chiara nel suo libro, dove ha scritto le proprie idee, alcune condivisibili e altre che invece io non condivido.

Quali?

Non ho esempi da fare, però il mio approccio è completamente differente da quello di Vannacci. Il mio è un approccio da amministratore con un forte legame col territorio, ma anche di conoscenza dei problemi del territorio. Siamo figure differenti per motivazioni: io da sempre cerco di migliorare la vita dei cittadini che rappresento e delle istituzioni, degli enti e delle associazioni che sono la vera forza della Lombardia.

Per quanto riguarda la richiesta di dimissioni indirizzata a Sergio Mattarella da Claudio Borghi, leghista e comasco come lei, cosa dice?

Onestamente confesso di non aver seguito la vicenda.

Se venisse eletto dovrebbe abbandonare la sua carica di assessore regionale , questo non la allontanerebbe dal territorio?

Rimarrei comunque legato alla mia regione e alla mia provincia. Anzi, il mio obiettivo è quello di essere in Europa un referente, se non il referente del mio territorio. Proverò a essere il sindacalista della regione Lombardia.

Come vede il futuro della Lega in Europa, sarà possibile a Bruxelles un’alleanza con il gruppo dei Conservatori in cui c’è anche Meloni?

La Lega non potrà sostenere Ursula von der Leyen. Al di là di questa posizione, dovuta al fatto che questi cinque anni di Commissione europea non ci sono piaciuti, penso che prima di fare qualsiasi ragionamento occorrerà vedere i risultati, che secondo me sono imprevedibili. Chi ha già in mente un quadro rimarrà deluso. Credo possa essere un’elezione che cambierà l’asse politico europeo.

A livello comasco, teme di più l’astensionismo o la competizione di Forza Italia?

Per le europee, come lo è stato per le regionali, c’è il voto di preferenza. Il cittadino può scrivere il nome della persona che vorrebbe lo rappresentasse e per la prima volta il nostro territorio ha la possibilità di eleggere un rappresentante locale. Penso che questa possa essere un’opportunità che vada oltre i confini partitici e ci sia da parte dei cittadini la disponibilità a cogliere questa occasione di avere un comasco a Bruxelles. Io ce la metto tutta.

© RIPRODUZIONE RISERVATA