Ex Sant’Anna, decine di edifici vuoti: quindici anni di progetti nel nulla

Via Napoleona Più di tre quarti dell’immensa area dell’ex ospedale è abbandonata a se stessa. La vecchia pediatria usata come magazzino. Fermi i lavori per gli ambulatori dei medici di famiglia

Dopo 15 anni dal trasloco, nell’ex Sant’Anna regna l’abbandono e il vuoto: più di tre quarti dell’area di via Napoleona sono infatti in disuso.

Di recente i vertici dell’Asst Lariana hanno effettuato un sopralluogo per individuare un possibile edificio da ristrutturare per realizzare un convitto per infermieri. Prendendo atto che a oggi una quindicina di palazzine che dovevano essere alienate sono rimaste invendute e, stando all’accordo di programma, non tutte le strutture da mantenere operative sono oggi in funzione.

Il monoblocco

Il fulcro è il monoblocco centrale, qui sono concentrate quasi tutte le attività specialistiche e ambulatoriali. Salvo al terzo piano, dove sono fermi i lavori per creare gli ambulatori per i medici di famiglia, mai davvero entrati nella casa di comunità. A pian terreno, dentro al vecchio Pronto soccorso, è rimasto tutto o quasi come nel 2010. Lato strada l’ex guardia medica è stata trasferita nei nuovi locali verso via Colonna. Vicino è stata sistemata anche la neuropsichiatria infantile. Tra gli altri servizi presenti sulla grande collina, 47 fabbricati sparsi su 83.500 metri quadrati d’area, c’è il centro trasfusionale dietro al monoblocco e il gruppo di lavoro delle cure primarie. Nel 2025 si attende la riapertura del Cup, chiuso da due anni per riqualificazioni e l’apertura dell’ospedale di Comunità in cima lato via Teresa Rimoldi, con venti nuovi posti letto per le cure non urgenti. Questo era uno degli stabili nelle migliori condizioni, tanti altri invece cadono a pezzi.

Progetti senza sbocco

La vecchia pediatria e neonatologia è usata come deposito, ci sono parcheggiati dei letti di rianimazione usati durante la pandemia. L’ala di fronte all’ingresso carraio dove c’era la neurochirurgia ha un vistoso problema al tetto. L’edificio a ridosso della collina del Baradello, chiamato casa dei preti e delle suore, è ancora in discreto stato, ma ci sono solo alcuni uffici. Come forse è ancora utilizzabile la vecchia casa degli infermieri, il caseggiato rosso per la formazione e i convegni. L’ex 118 è solo una struttura in lamiera, mentre dei cinque grandi edifici che escono dal monoblocco verso via Napoleona uno soltanto è sfruttato. È il padiglione Negretti, dove è stato spostato il punto prelievi e il centro di prenotazione. Ma, per esempio, la grande vecchia scuola è tutta vuota.

L’Ats Insubria aveva presentato un progetto per trasferirsi da via Pessina, la nuova direzione però ha preferito cercare di ristrutturare l’attuale sede. Sotto al monoblocco resta la radiologia, mentre per tante strutture già quindici anni fa era previsto l’abbattimento.

Subito fuori dal compendio Cassa depositi e prestiti vorrebbe vendere il padiglione GB Grassi, deserto da un quarto di secolo. Sopra, accanto a San Carpoforo, la corte della Ca’ Merlata è mezza pericolante. Nel 2017 l’ultimo tentativo di vendere 60mila metri per 22,5 milioni.. Poco dopo la pandemia l’Asst Lariana aveva predisposto un piano per recuperare almeno cinque edifici, con partner degli imprenditori comaschi. Ma serviva un investimento per decine di milioni. Poi la Regione ha predisposto la creazione di un ente mai nato per la gestione del patrimonio.

«Durante lo scorso mandato avevamo più volte tentato di riaprire un dialogo con la Regione – ricorda Marco Butti, ex assessore all’Urbanistica – che però tentennava perché occorreva rimettere sul tavolo il vecchio accordo di programma. Sul punto il Comune di San Fermo è sempre stato contrario, perché come noto incassa i proventi del parcheggio del nuovo ospedale».

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