Cronaca / Como città
Domenica 26 Gennaio 2025
False accuse sui rifiuti dei clan a Como: «Il fratello del boss può essere risarcito»
La controversia Assolto dopo un anno di carcere, ha chiesto i danni per ingiusta detenzione. Il Tribunale ha detto di no, la Cassazione ha annullato la decisione. E così il caso si riapre
Quando il Diritto supera l’emotività. Non basta essere fratelli di «un indiscusso boss della ’ndrangheta» perché si possa negare il riconoscimento di ingiusta detenzione.
La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza dei giudici di Milano che avevano negato la richiesta di risarcimento presentata da Raffaele Rispoli, arrestato nel luglio del 2020 e rimasto in carcere per quasi un anno perché accusato di estorsione con il metodo mafioso ai danni di Matteo Molinari, amministratore all’epoca di Smr Ecologia, società formalmente con sede a Busto Arsizio ma centro operativo a Como, nel centro rifiuti in località La Guzza proprio sotto il viadotto della Pedemontana.
L’inchiesta
Nel 2017 l’area dove vennero stoccate - anche illegalmente - tonnellate e tonnellate di rifiuti, era stata acquistata dall’imprenditore Molinari, il quale aveva sostanzialmente mandato via i vecchi collaboratori e assunto «Daniele Frustillo, risultato poi essere contiguo all’associazione criminale ’ndrangheta» e in particolare alla locale di Lonate Pozzolo, diretta da Vincenzo Rispoli.
Quando Molinari ha capito di non essere più in grado di gestire i rapporti con ambienti malavitosi e sono cominciate anche contestazioni sulla movimentazione illecita dei rifiuti, ha deciso di puntare il dito, oltre che contro Frustillo, anche contro Raffaele Rispoli, fratello del boss.
Peccato che, scrive la Cassazione, «il Molinari non era stato in grado di illustrare con precisione le effettive ragioni dell’incontro» che lui aveva avuto «con il Rispoli (...) mentre è stata sottolineata la contraddittorietà delle dichiarazioni in ordine all’effettiva entità delle somme richieste dal Rispoli, in modo altresì da far dubitare sull’effettiva natura estorsiva di tale richiesta, tanto da fare ipotizzare allo stesso dichiarante che si fosse trattato di un’istanza di riconoscimento di una “ricompensa” per il suo interessamento relativo alla vicenda inerente ai rapporti con il Frustillo».
La sentenza
La sentenza con cui Rispoli venne assolto, aveva di contro avuto parole pesantissime proprio contro Molinari, definito come «un “imprenditore colluso”, che ha stabilito un rapporto sinallagmatico con quella che sapeva essere una cosca criminale, con la quale ha scelto di entrare in rapporto di collaborazione per perseguire consapevolmente l’obiettivo di imporsi nel territorio in posizione dominante. In poche parole Molinari, lungi dall’aver subito passivamente imposizioni da parte di soggetti appartenenti o comunque contigui alla ‘ndrangheta, ha agito quale concorrente esterno nell’ associazione mafiosa».
Tornando alla questione dell’ingiusta detenzione, la Corte d’Appello di Milano aveva rigettato la domanda sottolineando come ancorché non colpevole Rispoli avesse tenuto un comportamento che poteva dar adito a “confusione”, e quindi non aveva diritto al risarcimento per «colpa grave». La Cassazione ha accolto il ricorso del legale del fratello del boss, sottolineando che di fatto anche la sentenza della Corte d’Appello, così come l’ordinanza di custodia in carcere, si sarebbe basata esclusivamente sulle dichiarazioni dell’imprenditore (così duramente censurato dai giudici) senza ulteriori riscontri oggettivi. Tranne il rapporto di parentela con il boss. Che, però, non è sufficiente a rispedire al mittente una richiesta di danni per ingiusta detenzione.
Il caso è tornato ai giudici di Milano, che dovranno ora rivalutarlo completamente.
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