Folla e rombi delle auto per il funerale di Deborah Vanini. Il compagno: «Mi hai insegnato come ci si dona al prossimo»

A San Giuseppe Ultimo saluto alla mamma morta dopo aver rinunciato alle cure per partorire la figlia. Le parole piene d’affetto del compagno e dell’amica

La chiesa di San Giuseppe, in via Bonomelli, quasi non riusciva a contenere tutte le persone arrivate ieri a Como per un ultimo saluto a Deborah Vanini.

Erano centinaia i presenti, dalla famiglia, il compagno Massimo Chinaglia con la madre e il padre di Deborah, Eleonora Garuffa e Antonio Vanini, fino alle ultime file, dove qualcuno pur di dirle addio è rimasto in piedi, sull’uscio.

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«Siamo in tanti qui, forse non tutti credenti ma di certo tutti legati da lei, Deborah - ha iniziato così la sua omelia padre Lorenzo Cabrini - Ognuno ha i suoi motivi per volerla salutare oggi. Motivi personali e unici per ciascuno, ma tutti dobbiamo passare insieme attraverso il dolore della sua perdita e ringraziare per ciò che è stata per ciascuno di noi». Un saluto che si è tradotto in una serie di gesti dedicati alla giovane donna: i palloncini rosa e bianchi, lasciati volare verso il cielo alla fine della funzione, ma anche le grandi corone di fiori firmate da amici, colleghi e familiari, il suo casco rosa sgargiante poggiato sulla bara bianca e il rombo delle moto e delle auto degli amici di sempre che ha accompagnato l’arrivo e l’uscita della salma.

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Segni di una vita che padre Cabrini ha definito «perfetta, compiuta». «Che valore ha avuto la vita di Deborah? Non conosciamo numeri per quantificarla, parole per definirla, ma la sua è stata una vita piena. Quella che agli occhi dell’uomo sembra un’ingiustizia, agli occhi di Dio è invece il compimento di un cammino perfetto. Massimo, il suo compagno, mi ha detto che era un angelo più che una donna. E cos’è un angelo se non una creatura più vicina a Dio? Ecco perché possiamo dire che la vita di Deborah è stata piena: perché è stata spesa per il bene». Una vita piena nonostante i pochi anni che le sono stati concessi, appena 38, dieci dei quali passati al fianco di Massimo, che ha preso la parola al termine del funerale per ricordarla e raccontarla a chi di lei «ha conosciuto solo l’1%». «Io di Debby ho avuto la fortuna di conoscere tanto di più».

«Un sacrificio immenso»

«Quando ti ho incontrata nel 2014 non ero nessuno, ero perso. Tu mi hai cresciuto, mi hai curato, mi hai insegnato qualcosa che non si impara in nessuna scuola o università: in un mondo di egoisti mi hai mostrato che la vita del prossimo viene prima della nostra». Un addio che non ha potuto che richiamare il gesto d’amore che Deborah ha compiuto: rinunciare alle cure del grave tumore di cui soffriva, scoperto in contemporanea alla gravidanza, per poter dare alla luce due mesi fa la piccola Megan. Una storia richiamata ieri sui social anche dal presidente della Regione Attilio Fontana.

«Hai detto subito: prima pensiamo a lei, poi a me. Prima la sua vita, poi la mia - ha raccontato Massimo - Io queste parole le ho sentite davvero e ancora non ci credo. Ho fermato tutto, ho vissuto con te ogni cosa negli ultimi mesi: era l’unico modo per ripagare la donna che ha dato tutta sé stessa per nostra figlia». La Tac un giorno, l’ecografia quello dopo, un’altalena di emozioni che Massimo ha condiviso con gli amici, schiudendo loro la bellezza del sacrificio di Deborah. «Hai spiegato le tue ali dorate, Debby, aiutaci da dove sei. Aiuta il dolce Massimo a esserci per la vostra Megan: noi sappiamo che sarà l’esempio più vero di un bravo papà», ha concluso un’amica, prima che la bara lasciasse la chiesa circondata dai fiori, dal rombo dei motori e dalla musica.

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