«Frode fiscale? È malato di shopping»

II giudici di Milano acconsentono alla perizia psichiatrica su un avvocato accusato di aver evaso le tasse. Condannato a due anni e mezzo a Como, ma la difesa presenta una consulenza: «Ha una patologia compulsiva»

Ha frodato il fisco deliberatamente e pienamente cosciente di quel che faceva o lo ha fatto vittima di una patologia che gli ha fatto perdere ogni tipo di autocontrollo, sul fronte della gestione del denaro? È questo il dubbio che ha spinto i giudici della corte d’Appello di Milano ad accogliere la richiesta di perizia psichiatrica a carico dell’avvocato comasco Alberto Pascali, condannato nel luglio dello scorso anno a due anni e mezzo di reclusione al termine del dibattimento a Como.

L’accusa, per il legale comasco, è - per dirla con il magistrato che lo condannò in primo grado - di aver «scelto di finanziarsi a spese della collettività» per aver nascosto al fisco quasi mezzo milione di euro, finendo per evadere oltre 170mila euro di Irpef e quasi 120mila euro d’Iva nella dichiarazione dei redditi riferita al 2011.

La battaglia legale

Già nel corso del processo di primo grado il difensore di Pascali - ovvero il penalista comasco Massimo Di Marco - produsse una consulenza di parte per convincere il giudice a procedere una perizia in quanto, a suo dire, l’imputato avrebbe evaso il fisco a causa di una patologia e non coscientemente.

Nella sentenza il magistrato - che aveva negato la perizia psichiatrica - sottolineò come l’avvocato fosse invece «pienamente consapevole della necessità di procurarsi risorse finanziarie per soddisfare la pulsione gli acquisti» così come chiara sarebbe la «volontà di provvedervi a spese dell’erario». Scrisse il giudice: «L’imputato ha scelto i finanziarsi a spese della collettività». Il difensore di Alberto Pascali ha depositato una lunga memoria difensiva contro la condanna di primo grado. E, in particolare, ha tracciato i passaggi cruciali della consulenza psichiatrica richiesta dalla difesa stessa dalla quale emergerebbe come Pascali, per anni, avrebbe sofferto di una sorta di sindrome da shopping compulsivo. O, per dirla con gli esperti, di «disturbo del controllo degli impulsi». In buona sostanza, l’avvocato comasco in una certa fase della propria vita avrebbe speso molto più di quanto avrebbe potuto permettersi spingendolo a trovare soluzione illecite per far fronte a questo bisogno di denaro.

La perizia

Questa patologia, è la linea della difesa, avrebbe avuto un ruolo determinante della capacità dello stesso avvocato comasco di essere pienamente consapevole di commettere un reato.

I giudici di Milano, al termine dell’arringa dell’avvocato Di Marco, hanno accolto la richiesta di perizia psichiatrica. Si tornerà in aula per la nomina dell’esperto che dovrà predisporre l’esame dell’imputato, decisivo per le sorti della sentenza.
P. Mor.

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