Frontalieri e tassa salute, parla Giorgetti: «O pagano loro o la pagano i Comuni»

Confine Il ministro dell’Economia interviene sul balzello finito al centro delle proteste - «Qualcuno deve sostenere i costi della sanità, è evidente. Chi? Per me è indifferente»

A meno di due settimane dalla mobilitazione su larga scala indetta dai sindacati italiani e svizzeri contro la tassa sulla salute (l’appuntamento è per il prossimo 15 febbraio al “Cinema Nuovo” di Varese, a partire dalle 10) sulla dibattuta vicenda del balzello da 110 euro mensili in media chiesto ai “vecchi” frontalieri per finanziare la sanità di confine è intervenuto il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Un intervento, il suo, giunto a margine della presentazione dell’associazione “La Lombardia che vorrei”. «Qualcuno deve pagare i costi della sanità. Se non lo fanno loro (cioè i “vecchi” frontalieri), tocca ai Comuni. Per me è indifferente - le parole del ministro Giorgetti -. È evidente che nelle tasse pagate in Svizzera non è compresa la quota per la sanità. Prova ne sia che in Svizzera bisogna procedere con l’assicurazione privata (nota come “Cassa Malati”, ndr) a un costo molto più elevato».

Il ministro dell’Economia ha comunque rimarcato come «la decisione spetta a Regione Lombardia. Vedremo cosa deciderà».

I “vecchi” frontalieri - per inciso - sono i nostri lavoratori occupati nella vicina Confederazione prima del 18 luglio 2023, data in cui è entrato in vigore il nuovo accordo fiscale, che ha pensionato - ad accezione dei ristorni ai Comuni di confine, garantiti sino al 2023 - la granitica intesa del ’74. A stretto giro la Giunta regionale lombarda dovrà fornire una risposta in merito, fermo restando il no dei tre Cantoni - Ticino, Grigioni e Vallese - a fornire l’elenco dei “vecchi” frontalieri. Circostanza questa ufficializzata dal Governo ticinese attraverso le parole del consigliere di Stato, Christian Vitta, il quale ha rimandato la decisione ad un’eventuale modifica della base legale, in capo però al Governo di Berna.

Tema in primo piano

La vicenda resta di stretta attualità. Paradossalmente negli ultimi mesi della tassa sulla salute o comunque del contributo per la sanità di confine - per dirla con Regione Lombardia - si è parlato più in Svizzera che in Italia, tanto che il consigliere agli Stati (l’omologo di un nostro senatore) ticinese Fabio Regazzi ha chiesto, al momento senza risposta, al Governo di Berna se il nuovo balzello non sia in contrasto con i dettami dell’accordo fiscale in vigore dal luglio 2023. Nel frattempo, il Parlamento italiano ha votato un emendamento che in buona sostanza raddoppia l’importo della “tassa sulla salute” in caso di “omesso pagamento”. Lo stesso emendamento ha parlato di “compartecipazione al sistema sanitario nazionale”, allontanando così l’ipotesi che possa essere applicato l’importo massimo deciso dalle Regioni di confine.

Le manifestazioni

In vista della mobilitazione internazionale del prossimo 15 febbraio, il vicesegretario cantonale dell’Ocst, Andrea Puglia, ha rimarcato come questo nuovo balzello «sia contrario agli accordi internazionali». «Il sindacato Ocst, che ha aderito alla mobilitazione indetta a Varese considera questa nuova imposta come una violazione dell’accordo internazionale con la Svizzera». A Varese, il 15 febbraio, si parlerà anche di telelavoro, aumento dell’indennità Naspi, assegno unico e Comuni di confine.

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