Sulla fuga dei sanitari in Ticino la politica litiga

In Regione Proposta del Pd: 400 euro in più agli infermieri, 800 ai dottori. Ma la Lega: «Strumentale, i fondi ipotizzati bastano per l’1% del personale»

La fuga dei sanitari in Svizzera prosegue, ma ancora non si vedono bonus e indennità per pagare di più medici e infermieri.

Tutto tace a un anno e mezzo di distanza dal primo sì all’indennizzo di confine per trattenere i sanitari al lavoro negli ospedali pubblici di Como, Varese e Sondrio. La misura, più volte annunciata dalla politica, ma mai del tutto definita dallo Stato, non ha avuto seguito in Regione, con le coperture in parte da ricavare dai lavoratori frontalieri.

Le contromisure

Intanto però l’emorragia di specialisti e soprattutto di infermieri non si arresta, in provincia di Como l’Ordine calcola un ammanco di circa 500 infermieri per coprire ambulatori, reparti, servizi territoriali ed Rsa. Gli spostamenti verso la Svizzera, dove la paga è pari a circa il triplo (lo stipendio italiano si aggira attorno ai 1.500 euro mentre in Ticino si arriva a 4.500), non accennano a diminuire. Dopo la pandemia perdevamo un centinaio di sanitari all’anno, ora ogni dodici fuggono anche più duecento tra infermieri e medici oltre frontiera.

Dunque ieri mattina alla commissione regionale Sanità il Pd ha presentato un progetto per dare incentivi agli infermieri e ai medici di Como e Varese, circa 400 euro ai primi e quasi il doppio ai secondi in via sperimentale per tre anni.

«Direttamente negli stipendi tramite contrattazione dando risorse regionali alle Asst – ha spiegato il dem varesino Samuele Astuti – è fondamentale per trattenere sanitari da noi formati nelle aree di confine e nelle zone più marginali. È una misura di vera autonomia. Secondo i dati del 2021 sono circa 400 gli infermieri che dalle province di Varese e Como si sono spostati in Svizzera, cifre che ogni anno aumentano, nel 2023 la stima arriva a quota 600, una emorragia senza fine e che deve essere fermata». Il dato complessivo fornito dal Pd sulla base dei dati degli Ordini riguarda per meno della metà la nostra provincia e comprende anche i sanitari del privato. «A parità di condizioni - aggiunge il consigliere regionale comasco del Pd Angelo Orsenigo - lo stipendio base di un infermiere che lavora in Svizzera è due volte e mezzo, se non tre, quello di uno stipendio italiano. Per i medici arriviamo anche al 60% in più».

La Lega bolla subito l’iniziativa come «strumentale». «I fondi proposti da Astuti sono del tutto inadeguati – così Emanuele Monti leghista varesino presidente della commissione Welfare - con queste risorse si copre appena l’1% del personale sanitario necessario per le aree di confine con l’estero, mentre le aree infra regionali vengono completamente escluse».

Mentre la politica discute i sindacati protestano. I rappresentanti di Nursing up ieri in piazza davanti alla Regione hanno chiesto «il riconoscimento dell’indennità professionale» per tutta la categoria. Secondo la referente regionale Monica Trombetta, infermiere comasca, gli scatti fino ad ora riconosciuti dal governo si limitano a pochi euro.

«Abbiamo a lungo sostenuto l’indennità di confine ai sanitari – spiega il segretario della Funzione pubblica della Uil del Lario Massimo Coppia – un giusto salario per non perdere i nostri giovani professionisti altrimenti regalati alla Svizzera. Abbiamo ottenuto il sì della Regione con una raccolta firme, la misura è passato in Parlamento. Ci aspettiamo che gli accordi vengano rispettati, siamo stufi».

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