La fusione tra Como e Lecco per Confindustria è un «processo inevitabile»

Intervista Gianluca Brenna, presidente di Confindustria, interviene dopo le parole del sindaco Rapinese sulla riunificazione delle due province: «Da un punto di vista economico e imprenditoriale noi ci stiamo già lavorando»

Riunire, 32 anni dopo la separazione, le province di Como e Lecco: questa la proposta lanciata dal sindaco Alessandro Rapinese, «su cui Confindustria già sta lavorando». Parola del presidente comasco Gianluca Brenna.

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Un tema urgente, quindi?

Come Confindustrie di Como, Lecco e Sondrio abbiamo la consapevolezza che la complessità del momento in cui ci troviamo richiede unità dai territori. Ragione per cui abbiamo chiesto a The European House Ambrosetti di realizzare un masterplan, con una visione progettuale condivisa con le altre associazioni.

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Cosa rappresenta per Confindustria l’unione ipotizzata da Rapinese, che ha parlato di razionalizzazione?

Il senso non è semplicemente quello della razionalizzazione, ma di una visione strategica comune da cui scaturiscano proposte concrete per il futuro delle aree che abbracciano nel suo complesso il nostro territorio: Lecco, certamente, ma anche Sondrio e la Valtellina, che sono altrettanto importanti.

Quali sono le priorità?

Di alcune si è già parlato nei giorni scorsi, una su tutte l’importanza di agire sul fronte di un piano abitativo che aiuti i lavoratori a restare sul territorio e a risolvere il mismatch che si percepisce a livello imprenditoriale tra richiesta di capitale umano e sua disponibilità. Un’altra che ben spiega quanto sia urgente lavorare insieme è quella delle Olimpiadi e della loro eredità sul territorio.

Perché lavorare insieme sulle Olimpiadi di Milano-Cortina può essere considerata un’operazione strategica?

In questo caso valutare o meno il territorio di Como, Lecco e Sondrio nel suo insieme cambia la prospettiva. Esiste la possibilità di una sinergia che deve essere valutata e percorsa guardando anche all’aspetto turistico. Ha detto bene il sindaco: il lago non ha un confine, l’acqua si muove e i territori che il Lario abbraccia sono contigui e complementari.

Su quali altri aspetti puntare?

La formazione è un altro tema centrale. Se pensiamo a Como, c’è l’Università dell’Insubria, a Lecco invece c’è il Politecnico, ma se questi due territorio vengono compresi in una stessa visione strategica allora li abbiamo entrambi a poca distanza e possono rappresentare un’importante leva di sviluppo. Anche il campus Its al quale stiamo lavorando rientra nell’ottica di queste sinergie.

L’economia e il tessuto imprenditoriale sono già in moto. Direbbe che sono arrivati prima della politica?

È chiaro che l’economia si muove prima, di solito accade perché risponde ai problemi e alle necessità del territorio. Poi la politica fa la sua parte e dal nostro punto di vista la fa quando prende in mano un piano strategico e ne decide le priorità, condividendo però questa decisione con chi sta sul territorio.

Politiche abitative per favorire il reperimento di lavoratori, Olimpiadi invernali, formazione per i giovani. Che altro?

Le infrastrutture, senza dubbio. Ma le infrastrutture non sono solo le strade, che pure devono essere migliorate per permettere ai cittadini di spostarsi. Parliamo anche di ferrovie e di trasporto lacustre e infrastrutture digitali. Sono sollecitazioni che ci arrivano già dai residenti e dal turismo, bisogna coglierle e rispondere.

A che punto siete nello sviluppo del masterplan con Ambrosetti?

I risultati del masterplan verranno presentati ufficialmente in primavera. Abbiamo coinvolto un ampio numero di stakeholder dei tre territori, ma dovremo anche capire come mettere a terra queste progettualità. In assemblea ho ricordato l’esempio di Cremona, che di fronte a un piano strategico ha costruito un tavolo di scopo, con politica e associazioni. Non è detto che questa sia la soluzione più adatta per noi, ma certamente dobbiamo iniziare a discutere della governance di questo progetto.

La politica, insomma, è un alleato importante. Dalle sue parole emerge però emerge che si andrà avanti in ogni caso, qualunque strada prenda la politica. È così?

È obbligatorio che sia così. I tempi di gestazione della politica sono molto lunghi. Noi cerchiamo di essere il più inclusivi possibile e di coinvolgerla, ma il nostro obiettivo è quello di rispondere tempestivamente ai bisogni dei territori e la strada della collaborazione strategica è l’unica possibile e l’abbiamo già intrapresa.

Crede sia possibile impedire che il dibattito sull’unificazione scada in biechi campanilismi? E se sì, come?

Cerchiamo di guardare alto e lontano, identificando le problematiche che dobbiamo affrontare. I nostri “vicini di casa”, da Bergamo a Varese, da Milano alla Svizzera, sono altamente attrattivi e noi dobbiamo tenere sul territorio i nostri talenti per essere competitivi.

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