Cronaca / Como città
Sabato 23 Novembre 2024
La fusione tra Como e Lecco per Confindustria è un «processo inevitabile»
Intervista Gianluca Brenna, presidente di Confindustria, interviene dopo le parole del sindaco Rapinese sulla riunificazione delle due province: «Da un punto di vista economico e imprenditoriale noi ci stiamo già lavorando»
Riunire, 32 anni dopo la separazione, le province di Como e Lecco: questa la proposta lanciata dal sindaco Alessandro Rapinese, «su cui Confindustria già sta lavorando». Parola del presidente comasco Gianluca Brenna.
Un tema urgente, quindi?
Come Confindustrie di Como, Lecco e Sondrio abbiamo la consapevolezza che la complessità del momento in cui ci troviamo richiede unità dai territori. Ragione per cui abbiamo chiesto a The European House Ambrosetti di realizzare un masterplan, con una visione progettuale condivisa con le altre associazioni.
Cosa rappresenta per Confindustria l’unione ipotizzata da Rapinese, che ha parlato di razionalizzazione?
Il senso non è semplicemente quello della razionalizzazione, ma di una visione strategica comune da cui scaturiscano proposte concrete per il futuro delle aree che abbracciano nel suo complesso il nostro territorio: Lecco, certamente, ma anche Sondrio e la Valtellina, che sono altrettanto importanti.
Quali sono le priorità?
Di alcune si è già parlato nei giorni scorsi, una su tutte l’importanza di agire sul fronte di un piano abitativo che aiuti i lavoratori a restare sul territorio e a risolvere il mismatch che si percepisce a livello imprenditoriale tra richiesta di capitale umano e sua disponibilità. Un’altra che ben spiega quanto sia urgente lavorare insieme è quella delle Olimpiadi e della loro eredità sul territorio.
Perché lavorare insieme sulle Olimpiadi di Milano-Cortina può essere considerata un’operazione strategica?
In questo caso valutare o meno il territorio di Como, Lecco e Sondrio nel suo insieme cambia la prospettiva. Esiste la possibilità di una sinergia che deve essere valutata e percorsa guardando anche all’aspetto turistico. Ha detto bene il sindaco: il lago non ha un confine, l’acqua si muove e i territori che il Lario abbraccia sono contigui e complementari.
Su quali altri aspetti puntare?
La formazione è un altro tema centrale. Se pensiamo a Como, c’è l’Università dell’Insubria, a Lecco invece c’è il Politecnico, ma se questi due territorio vengono compresi in una stessa visione strategica allora li abbiamo entrambi a poca distanza e possono rappresentare un’importante leva di sviluppo. Anche il campus Its al quale stiamo lavorando rientra nell’ottica di queste sinergie.
L’economia e il tessuto imprenditoriale sono già in moto. Direbbe che sono arrivati prima della politica?
È chiaro che l’economia si muove prima, di solito accade perché risponde ai problemi e alle necessità del territorio. Poi la politica fa la sua parte e dal nostro punto di vista la fa quando prende in mano un piano strategico e ne decide le priorità, condividendo però questa decisione con chi sta sul territorio.
Politiche abitative per favorire il reperimento di lavoratori, Olimpiadi invernali, formazione per i giovani. Che altro?
Le infrastrutture, senza dubbio. Ma le infrastrutture non sono solo le strade, che pure devono essere migliorate per permettere ai cittadini di spostarsi. Parliamo anche di ferrovie e di trasporto lacustre e infrastrutture digitali. Sono sollecitazioni che ci arrivano già dai residenti e dal turismo, bisogna coglierle e rispondere.
A che punto siete nello sviluppo del masterplan con Ambrosetti?
I risultati del masterplan verranno presentati ufficialmente in primavera. Abbiamo coinvolto un ampio numero di stakeholder dei tre territori, ma dovremo anche capire come mettere a terra queste progettualità. In assemblea ho ricordato l’esempio di Cremona, che di fronte a un piano strategico ha costruito un tavolo di scopo, con politica e associazioni. Non è detto che questa sia la soluzione più adatta per noi, ma certamente dobbiamo iniziare a discutere della governance di questo progetto.
La politica, insomma, è un alleato importante. Dalle sue parole emerge però emerge che si andrà avanti in ogni caso, qualunque strada prenda la politica. È così?
È obbligatorio che sia così. I tempi di gestazione della politica sono molto lunghi. Noi cerchiamo di essere il più inclusivi possibile e di coinvolgerla, ma il nostro obiettivo è quello di rispondere tempestivamente ai bisogni dei territori e la strada della collaborazione strategica è l’unica possibile e l’abbiamo già intrapresa.
Crede sia possibile impedire che il dibattito sull’unificazione scada in biechi campanilismi? E se sì, come?
Cerchiamo di guardare alto e lontano, identificando le problematiche che dobbiamo affrontare. I nostri “vicini di casa”, da Bergamo a Varese, da Milano alla Svizzera, sono altamente attrattivi e noi dobbiamo tenere sul territorio i nostri talenti per essere competitivi.
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