Cronaca / Como città
Martedì 31 Dicembre 2024
«Giornale più forte: da noi una spinta per il bene di Como»
L’intervista Paolo De Santis , imprenditore alberghi ero comasco e capofila della cordata dei nuovi soci del quotidiano “La Provincia”, racconta il futuro immaginato per il quotidiano
Dal primo gennaio il nostro giornale è di proprietà de “La Provincia di Como - Società editoriale a responsabilità limitata”, partecipata per il 72 per cento dalla proprietaria originaria (Sesaab SpA, editrice de L’Eco di Bergamo) e per il restante 28 per cento, in pari quote, da imprenditori e professionisti della città e della provincia di Como. Parliamo di questa importante novità con Paolo De Santis, che ha guidato l’operazione.
Perché avete deciso di mettere in campo questa iniziativa?
Questa iniziativa rappresenta un’assunzione di responsabilità da parte di un gruppo di persone che amano Como, e mi riferisco non solo alla città in senso stretto ma a tutta la provincia. Parlo di assunzione di responsabilità nel senso che ciascuno di noi ritiene sia giusto partecipare anche in questo modo al futuro della nostra collettività.
Come è nata l’idea?
Penso sia utile qualche cenno di storia. Non possiamo dimenticare che il giornale fino a 25 anni fa faceva riferimento al mondo dell’industria comasca e ricordo in particolare Carlo Ripamonti che, anche dopo il passaggio della proprietà, fu sempre vicino al giornale, cui cedette la storica testata “L’Ordine”, oggi apprezzatissimo inserto domenicale del quotidiano. Fu quindi Luciano Guggiari a ricoprire con impegno e passione il ruolo di presidente di garanzia, ad assicurare cioè che il giornale rimanesse attento e partecipe della realtà comasca E dopo di lui e fino ad oggi Massimo Caspani ha proseguito per quasi vent’anni sulla strada tracciata dai suoi predecessori, grazie alla condivisione degli obiettivi ed anche, mi piace ricordarlo, della comune fede cristiana con l’azionista bergamasco. Proprio su stimolo di Caspani abbiamo avviato questa iniziativa ormai diversi mesi fa e ora l’abbiamo portata a compimento. In un certo senso torniamo a quella fase, a prima che per motivi storici e contingenti gli industriali comaschi decidessero di fare un passo indietro. Noi rifacciamo un passo in avanti.
Che cosa vi ha spinto a fare questo passo?
La decisione di vendere a un gruppo come Sesaab si è rivelata molto fortunata, perché questi 25 anni di giornale sono stati una dimostrazione di continuità e di presenza forte sul territorio, senza influenze esterne di natura politica o altro. Questo è un dato di fatto. Quindi la nostra iniziativa non è un intervento di soccorso, non è un salvagente perché non ce n’è alcun bisogno. Quello che ci ha mosso è la volontà di aggiungere qualcosa, una spinta che viene dal territorio. L’investimento è finalizzato allo sviluppo, a rafforzare la capacità di fare efficacemente il giornale, ed è un investimento anche sui nuovi mezzi che si affiancano al quotidiano cartaceo.
Rispetto a 25 anni fa lo scenario è molto diverso.
Certo, le cose sono cambiate a Como, altroché se sono cambiate. Ma nel senso che 25 anni fa era molto meglio, c’era più progettualità a livello territoriale, più partecipazione, più voglia di guardare al futuro. Ci auguriamo che la nostra iniziativa possa essere di stimolo, che serva a proporre temi su cui si possa ragionare in una prospettiva di sviluppo del territorio, guardando soprattutto ai giovani, senza dimenticare la nostra storia.
Lo scenario è mutato anche per quanto riguarda gli strumenti che veicolano le informazioni.
I nuovi media sono già parte della nostra vita e ogni giorno le tecnologie si articolano in modi sempre più sorprendenti. È fondamentale essere aperti alle evoluzioni in atto e utilizzare i nuovi mezzi per stimolare in positivo. Ci auguriamo di poter essere utili in questo senso, portando risorse ma anche idee. Le nuove generazioni non hanno più l’abitudine di leggere il giornale cartaceo, è noto. Ma l’editore ha mostrato di avere le idee chiare: ci sono casi di successo a cui riferirsi, ora si tratta di mettere in campo risorse economiche e risorse umane, giornalistiche, dando spazio a giovani di valore che devono essere protagonisti.
Il vostro gruppo di 24 soci rappresenta molti settori dell’economia.
Di fatto tutti i settori dell’economia comasca sono presenti, dal manifatturiero classico all’edilizia, dai servizi avanzati, all’imprenditoria alberghiera. Lo scopo in effetti era proprio quello di rappresentare una realtà che sul nostro territorio è articolata e vivace. Non abbiamo un’economia gigantesca in termini di numeri, ma disponiamo certamente di un preziosissimo mix di competenze e di capacità imprenditoriali.
Qual è oggi il valore di una testata che ha 132 anni di vita?
La Provincia è un patrimonio del territorio. Qui non c’è mai stata una grande azienda che faceva da locomotore trascinandosi dietro tutti gli altri, peraltro con i limiti che un modello di questo genere ha dimostrato di avere. Avevamo una banca nostra, il glorioso Banco Lariano, che abbiamo perso anni fa ed oggi fortunatamente fa comunque parte di un prestigioso gruppo internazionale. La Provincia è un caposaldo, fa parte della nostra storia, del nostro Dna, è un valore in sé, non solo per quello che riesce a fare ogni giorno ma per quello che rappresenta.
Un giornale locale in un mondo globalizzato: perché è importante?
Un giornale locale è insostituibile. Può contenere, come La Provincia, pagine che riassumono in modo intelligente quel che accade in Italia e nel mondo, mentre non è possibile l’inverso: un giornale nazionale non può raccontare un singolo territorio. Poi è evidente che il giornale locale non deve appiattirsi sul microcosmo, ma stimolarci a guardare al futuro, con una visione ampia. Colgo l’occasione per sottolineare l’importanza del lavoro fatto con gli inserti settimanali, dedicati alla salute, al mondo del volontariato, alle imprese, alla formazione, ai temi transfrontalieri. Per non parlare di quello che rappresenta oggi L’Ordine, a cui sono molto legato perché facevo parte del consiglio del giornale quando si decise di acquistare la testata.
Per la vostra iniziativa userebbe il termine continuità o cambiamento?
Noi non entriamo per rivoluzionare, ma per dare stimoli. Poi il giornale lo devono fare i giornalisti, noi non lo sappiamo fare. E non entriamo, voglio essere chiaro, con lo scopo di condizionare e ancor meno con obiettivi politici. Speriamo che la nostra iniziativa stimoli Como a uscire dall’attuale torpore. Sembra che il nostro territorio abbia rinunciato a immaginare il proprio futuro, che si stia accontentando di un boom turistico che, tra tante positività, ha assunto anche dimensioni poco gestibili e rischia di mettere in secondo piano la cittadinanza di paesi e città. Non si può pensare che la nostra storia finisca lì.
Qual è il tema cruciale per il territorio?
Ci si deve interrogare sul fatto che ci stiamo spopolando dal punto di vista delle energie giovanili, questo è il tema che sta principalmente a cuore a tutti noi. Dobbiamo far sì che il territorio torni a essere attrattivo per i talenti - i nostri e quelli che vivono il mondo - che devono avere opportunità e devono vedere non solo un bellissimo luogo da visitare ma anche una realtà in cui vi sono possibilità di crescere e di far crescere le idee. Per questo abbiamo un estremo bisogno di nuove infrastrutture, sia materiali che immateriali. È importante studiare le buone pratiche, fondamentale confrontarsi su idee e progetti. Tanti territori come il nostro si stanno trasformando e noi dobbiamo affrontare i cambiamenti come opportunità, non dobbiamo e non possiamo restare a guardare.
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