Giustizia, arrestare ora è più difficile. L’indagato va avvisato prima

Custodia cautelare In vigore le nuove norme della riforma voluta dal ministro Carlo Nordio. Il presidente delle Camere Penali: «Giusto avere più garanzie»

Arrestare diventa più difficile. O, meglio, prima di procedere all’arresto d’ora in avanti bisognerà informare l’indagato che su di lui pende una richiesta di custodia cautelare e interrogarlo. E solo dopo, nel caso, procedere all’arresto. Una riforma, voluta dal ministro della Giustizia Carlo Nordio, che fa discutere. E, soprattutto, rischia di creare non poco scompliglio nelle Procure, in particolare per le indagini con più indagati.

Proviamo a sintetizzare. Fino a qualche giorno fa, a parte gli arresti in flagranza di reato, il giudice delle indagini preliminari emetteva le ordinanze di custodia cautelare su richiesta del pubblico ministero ovviamente all’insaputa dell’indagato, in caso di pericolo di fuga, di inquinamento probatorio e pure di reiterazione del reato. Ora, invece, se esiste solo il rischio di reiterazione la persona che si vuole arrestare dev’essere prima interrogata. E nell’avviso di convocazione per l’interrogatorio, informata dell’intenzione della Procura di volerlo arrestare.

La novità non riguarda i reati violenti e di maggior pericolo, ma altre tipologie gravi come - ad esempio - tutti quei reati contro la pubblica amministrazione, corruzione in testa.

I pro e i contro

Come detto il problema sorge soprattutto in presenza di più indagati, magari alcuni da arrestare perché sussiste il pericolo di fuga o di inquinamento delle prove. I quali potrebbero sapere, dal coindagato con il “solo” pericolo di reiterazione, dell’indagine a loro carico.

«Credo che questa riforma debba essere letta con due tipologie diverse di “occhiali” - è l’opinione dell’avvocato Edoardo Pacia, presidente delle Camere Penali di Como e Lecco - Se utilizziamo quelli per guardare da “vicino”, non si possono non riconoscere degli elementi positivi». Sull’interrogatorio preventivo: «Non si può evitare di sottolineare il tema della carcerazione preventiva è altamente delicato, conducendo in carcere non pochi soggetti che, poi, verranno assolti. Appare corretto incrementare la possibilità di difesa anticipata, tenuto conto, comunque, che questo interrogatorio preventivo è escluso allorché le esigenze cautelari consistano nel pericolo di fuga, in quello di inquinamento probatorio o anche in quello di reiterazione dei reati più gravi e, quindi, nella maggior parte dei casi e in tutti quelli di “allarme sociale”».

Più giudici per l’arresto

Ma la stessa riforma Nordio introduce anche un’ulteriore novità, che però entrerà in vigore tra due anni quando la custodia cautelare dovrà essere decisa da tre giudici e non uno solo. Considerando che il Tribunale di Como ha soltanto quattro giudice delle indagini preliminari, il rischio è la paralisi della giustizia.

«La previsione della collegialità del giudice che deve applicare la misura cautelare - afferma ancora l’avvocato Pacia - è una forma di garanzia in quanto la condivisione di una scelta così delicata non può che essere valutata positivamente». Ma c’è un però: «Se si guarda la situazione da più “lontano”, vi è il drammatico problema del conflitto tra quadro normativo e realtà giudiziaria. La collegialità del giudice finisce con il generare una serie di incompatibilità all’interno del processo che, nelle sedi giudiziarie medio-piccole, come la nostra, potrebbero paralizzare i processi, o, peggio».

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