«Giustizia in crisi, ma questa riforma cancella i diritti»

L’intervista Massimo Astori, procuratore capo di Como: «Aderisco all’astensione. Il governo vuole controllare i pubblici ministeri»

Ogni giorno in Procura a Como arrivano più di 50 fascicoli d’indagine. Ma nell’ufficio manca il 20% di pubblici ministeri e il 40% di personale amministrativo. E al Tribunale penale va peggio: manca quasi oltre il 30% di magistrati. «Con questi numeri si pensa davvero che la soluzione alla crisi della giustizia sia la riforma Nordio?».

Massimo Astori, procuratore capo a Como, non ha dubbi: oggi aderirà convintamente all’astensione dei magistrati organizzata contro il progetto di riforma della giustizia annunciato dal governo.

Procuratore, perché scioperate?

Ci asteniamo per un giorno, consapevoli del peso del gesto, perché nella riforma in atto vediamo in realtà un secondo fine.

Quale?

Anzitutto: non è una riforma della giustizia, come viene presentata, ma una modifica della Costituzione che riforma la magistratura. Assetti costituzionali pensati per difendere diritti e libertà dei cittadini vengono stravolti. In otto articoli, poche righe, si stravolge la Costituzione. Non una parola sul processo, nonostante le promesse che con questa riforma sarà più giusto ed efficiente. La giustizia in realtà rimarrà tale e quale, un sistema in crisi, nonostante l’ennesima finzione di miglioramento.

Lei parla di Costituzione stravolta, ma secondo i sostenitori della riforma la separazione delle carriere tra pubblico ministero e giudici è invece un principio di rilevanza costituzionale.

Ma dove l’hanno letto? I costituenti non l’anno scritto. Il legislatore ha introdotto il sistema accusatorio nel 1989, ha riscritto l’art.111 della Costituzione sul giusto processo nel 1999. Ha modificato ripetutamente le norme processuali, ha cambiato proprio le regole sulle carriere dei magistrati più volte, fino alla recente riforma Cartabia. E non ha mai introdotto la separazione. In quasi quarant’anni il legislatore non si è mai accorto che la separazione delle carriere tradiva la Costituzione e che il processo non funzionava a causa delle carriere unificate? Davvero vogliamo credere che solo ora, con la separazione delle carriere, avremo il “miglioramento della qualità della giurisdizione”? Negli ultimi 18 anni i passaggi di carriera hanno riguardato lo 0,53 dei magistrati, lo 0,31 negli ultimi 5 anni. La riforma Cartabia ammette un solo passaggio di carriera nell’arco della vita professionale. Come può un numero così esiguo causare un cattivo esercizio della giurisdizione?

C’è il tema connesso a una sorta di sudditanza del giudice nei confronti del pubblico ministero. Essendo entrambi magistrati, i giudicanti sarebbero influenzati dai pm. Non ritiene che questo avvenga?

Il professor Franco Coppi, tra i più noti avvocati penalisti italiani (fu, tra gli altri, difensore di Giulio Andreotti ndr) sulla separazione delle carriere ha detto: “Riforma ideologica, non risolve nulla. Non taglia tempi né errori giudiziari. Io non ho mai pensato di aver vinto o aver perso una causa perché il pm faceva parte della stessa famiglia del giudice”. Questa idea di mancanza di imparzialità non solo è offensiva, ma smentita dai numeri: le sentenze di assoluzione sono tra il 40 e il 50% del totale.

Ma le Camere Penali italiane sono a favore della separazione, i penalisti sostengono che ora non ci sia equità tra il potere del pm e quello degli avvocati.

Il pubblico ministero è organo di legalità, una “parte” pubblica imparziale, con l’obbligo di indagare per ricercare la verità, anche a favore dell’indagato. Il difensore è una parte privata, che difende interessi privati e giustamente deve far di tutto per evitare una condanna, anche tacendo la verità. Se un pm accusa consapevolmente un innocente commette un reato, un difensore che difende un colpevole sapendolo tale, compie soltanto il suo dovere.

Perché il legislatore punta così tanto sulla separazione delle carriere?

È un obiettivo politico. Un pubblico ministero separato, scisso dal potere giudiziario, educato ad accusare e a contatto solo con gli organi di polizia non offre garanzie per i cittadini. Rischiamo la creazione di in un quarto potere, pericoloso, autonomo e autoreferenziale che prima o poi porrà il problema del suo controllo, inevitabilmente quello del potere esecutivo, quindi del governo, quindi dei partiti.

La riforma però mette mano anche al Consiglio superiore della magistratura, sostenendo di voler porre fine al potere delle varie correnti interne alla magistratura. Su questa parte concorda?

Assolutamente no. Il Consiglio Superiore della Magistratura viene soppresso in favore di due nuovi Consigli, uno per i giudici e uno per i pubblici ministeri. Ma i magistrati non potranno più scegliere i loro rappresentati: viene abolito il diritto di voto, sostituito da un sorteggio. Si devono eliminare le degenerazioni, non le forme di espressione del pensiero. Il sorteggio potrebbe portare all’elezione di magistrati di una sola corrente o di nessuna, o non adatti ai compiti di autogoverno, o senza alcun interesse se non quello individuale o di “amici”.

Infine la questione disciplinare. Vi si accusa di non rispondere mai dei vostri errori.

Non è vero. E in qualsiasi ente o istituzione, della disciplina si occupa un organo interno. La nuova Alta Corte è organo estraneo. Il vero senso della riforma? Un primo passo verso il controllo politico della magistratura.

© RIPRODUZIONE RISERVATA