Gli affitti sono diventati carissimi nel centro di Como: si arriva a 5mila euro al mese

I dati In media 15,20 euro al mq. La domanda cala del 18%. Cosenza: «Situazione allarmante». Fimaa: «Temporanea». Maran: «È così che le città diventano villaggi turistici»

Il prezzo delle case in affitto sale, la domanda scende. L’altalena del mercato affittuario che colpisce diverse province della Lombardia, prima tra tutte Milano, interessa anche il nostro territorio. Tra i Comuni lombardi, infatti, quello comasco è secondo solo a Milano per prezzo medio degli affitti al metro quadro (15,20 euro a Como città contro i 23,30 euro dell’affitto richiesto per gli immobili della provincia milanese).

Il dato è fornito dall’Osservatorio semestrale regionale di Immobiliare.it Insights. La crescita dei canoni si presenta come dato diffuso nella regione, da gennaio 2024 a oggi, e se anche Como non si classifica tra le città e le province con i tassi di crescita più elevati, è un altro l’elemento che colpisce. A giugno di quest’anno, rispetto a sei mesi precedenti, infatti la domanda di affitti in città è scesa del 18,7%. Numeri che, abbinati all’alto costo degli affitti al metro quadro, portano a una sola conclusione possibile: vivere a Como costa così tanto che sempre meno persone possono permetterselo. La diminuzione della domanda relativa alla città batte persino quella di Milano, (dove negli ultimi sei mesi le richieste sono scese del 15,3%), ed è superata solo dalla provincia di Pavia, dove però questo dato non si direbbe provocato dal costo degli affitti, che è di 8,80 euro al metro quadro.

Prezzi alzati dal turismo

Va evidenziato che questi dati devono essere presi in considerazione con una premessa, che esprime Mirko Bargolini presidente di Fimaa Confcommercio Como: «Fanno riferimento alle offerte sul mercato, cui segue una fase successiva di contrattazione e di ribasso». Resta però che il fenomeno del caro affitti in città si presenta ormai come una realtà ineludibile.

E la radice di questa realtà, secondo esperti e politici, è da ricondurre a un dato di cui si è scritto negli scorsi giorni: l’impennata in città del numero di case vacanza. «Ai proprietari di un immobile conviene affittare ai turisti - spiega Bargolini - Ma credo che siamo di fronte a un piccolo del mercato che potrebbe stabilizzarsi o addirittura scendere, a quel punto ci saranno più immobili in affitto non turistico e i prezzi scenderanno». È meno ottimista al riguardo Giuseppe Cosenza, ex dirigente del settore Urbanistica prima in Provincia e poi in Comune: «Il fenomeno non riguarda solo la città, che è certo più colpita, ma anche la cintura e la convalle, dove già si vede una grande parte del patrimonio immobiliare utilizzata per i b&b e le case vacanza. È difficile fare una previsione sull’andamento di questo fenomeno, ma di sicuro il livello della situazione è già allarmante e dovrebbe suggerire di regolarlo con una normativa nazionale».

Il caro affitti colpisce in particolare le famiglie a reddito medio basso e le nuove generazioni, che di fronte a offerte che vanno dai cinquemila euro al mese per 80 metri quadri in centro a Como ai 1.500 euro al mese per la stessa metratura in area periferica non possono fare altro che arrendersi.

Difficile intervenire

«Como, che ha una caratteristica estetica particolare e come altri luoghi attrattivi in Italia e in Europa è cresciuta turisticamente all’improvviso, rischia ora di diventare un villaggio turistico - sostiene Pierfrancesco Maran, eurodeputato del Pd ed ex assessore alla Casa del Comune di Milano - Il turismo, sebbene estremamente positivo in una fase iniziale, può poi travolgere col suo successo tutta la città. È quello che accade col caro affitti».

Diritto legittimo di chi possiede una proprietà privata, l’affitto turistico finisce però per diventare la causa di problemi significativi per chi vorrebbe risiedere su un territorio, ma non può permetterselo per via dell’impatto che hanno sul mercato le locazioni turistiche.

«Il problema è che in Italia mancano gli strumenti regolativi che permettano ai Comuni di agire per monitorare le licenze per gli affitti brevi, facendole aumentare in zone meno attrattive, ed evitando l’eccesso nelle aree centrali - afferma Maran - Inoltre il Covid ci ha mostrato che, quando il turismo sparisce improvvisamente, la soluzione non è immediata e nelle città resta un vuoto che si colma con fatica».

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