Gli industriali: «il vescovo ha ragione, ora lavoriamo per un turismo nuovo»

L’intervista Il presidente di Confindustria Como Brenna: «Idee per il futuro della città? Noi ci siamo»

«Comunità, turismo e accoglienza»: l’eco delle parole del cardinale Oscar Cantoni, in occasione del pontificale dello scorso venerdì, continua a risuonare in una città alle prese oggi più che mai con la propria identità e quindi col proprio futuro, a partire dalla vocazione turistica. A riprenderle è anche il presidente di Confindustria Como, Gianluca Brenna.

C’è qualche passaggio che l’ha colpita in particolar modo del discorso?

La prima cosa che mi ha fatto riflettere è ciò che dice in apertura: «Nessuno ha in tasca la verità: abbiamo bisogno di aiutarci umilmente a cercarla e a suggerire soluzioni eque». Il problema del turismo è importante e urgente, però ha bisogno di essere condiviso, per trovare soluzioni. Nessuno d solo le ha già in mano.

Concorda quindi con l’idea che il turismo sia un problema reale per Como?

Sì, c’è una situazione da gestire perché il rischio della turistificazione è reale in città, non possiamo nascondere la testa sotto la sabbia. Confindustria a questa chiamata chiara del vescovo alla collaborazione sul tema risponde: ci siamo. Ma serve il contributo di tutti.

Quali altri soggetti secondo lei devono rispondere a questa chiamata?

Politica, associazioni, categorie e terzo settore: l’accoglienza, così come ci è stata presentata nel discorso del vescovo, è l’accoglienza in senso più ampio e più lato. A Como ci sono due mondi che si toccano: quello dell’industria e del lavoro, della quotidianità delle famiglie che vivono e abitano a Como, che ha una sua dinamica, e poi c’è questo mondo turistico mordi e fuggi, dei selfie e di Instagram.

Due mondi inconciliabili?

Se continuano a “toccarsi” in questo modo, sì. Ma la nostra abilità dovrebbe essere quella di far scoprire la città e la bellezza che va oltre i selfie, che è fatta di cultura e di tradizione.

Serve un turismo nuovo?

Serve interrogarsi su quali sono gli indirizzi futuri che vogliamo dare alla città. E la vocazione turistica è una delle vocazioni della città.

Una vocazione che rischia di annullarne altre, non trova?

Sì, se si parla della città murata e di alcune aree del lago, ma questo non vale per il territorio nel suo complesso, dove ci sono altre vocazioni forti.

In centro città è il numero delle case vacanza a preoccupare. Cosa ne pensa?

Come sottolinea nell’ultima parte del discorso il cardinale, il capitale va dove ci sono opportunità e in questo momento i proprietari delle abitazioni le vedono nello sbocco turistico. Se ci deve essere una regolamentazione deve venire a monte ed è una scelta politica. Altrimenti il mercato trova il suo equilibrio.

Ed è giusto che si autoregoli?

No, perché il mercato è brutale quando lo fa. Si può però indirizzarlo.

Una delle proposte avanzate è stata quella di alzare la tassa di soggiorno, cosa ne pensa?

È un deterrente, un modo per eliminare il turismo mordi e fuggi, ma il vescovo ci dice che il diritto alla fruizione turistica lo hanno anche le persone meno abbienti, parla di un turismo slow, che è conoscenza, scoperta, condivisione. Non dobbiamo essere solo una meta d’èlite.

Il progetto del Comune per rilanciare i musei civici rientra quindi nella sua idea di promuovere un turismo nuovo?

Va nella giusta direzione, ma lo spazio di riferimento su cui ragionare è Como-Lecco-Sondrio perché i temi sono di una tale complessità e importanza che non possiamo pensare di risolverli a pezzi, serve un piano strategico condiviso.

Nel discorso vengono citate anche dinamiche di sfruttamento del lavoro nel settore turistico. Esistono?

Il vescovo lancia spunti che possono toccare le realtà meno strutturate del settore, il grande albergo sicuramente applica un contratto, non credo sia da cercare lì questo tipo di problema.

Per tornare alla città, pensa corra il pericolo di svuotarsi?

Sì, c’è il rischio di perdere i giovani e le nuove generazioni, anche se in certi casi, come si è visto a Milano, il fenomeno della grande richiesta e scars offerta di case non è necessariamente legato al turismo. In ogni caso, dobbiamo calmierare questo mercato e dal nostro punto di vista servono soluzioni condivise a livello istituzionale.

Per esempio?

Per gli studenti si possono fare campus e studentati.Per le famiglie qualche anno fa si immaginavano soluzioni nella zona della Ticosa. A ogni categoria corrisponde una soluzione.

Il vescovo parla anche delle fasce sociali più fragili, travolte dal caro vita, vede anche lei questa problematica?

Confindustria cerca di dare un contributo, promuovendo la formazione di soggetti immigrati e neo maggiorenni per l’inserimento nelle aziende che hanno bisogno di manodopera. L’idea alla base ddei nostri progetti è quella della condivisione: se anche trovare un’abitazione a questi lavoratori non è direttamente nella mission di Confindustria, lo è dare il proprio contributo insieme ad altri a risolvere il problema.

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