Gori verso l’Europa, saluta la sua città: «Modello Bergamo a Como? Decisivo coinvolgere anche i privati»

Parla l’esponente del Pd Il sindaco uscente è stato eletto in Europa: «Non si può arrivare ovunque con l’azione pubblica, decisivo lavorare coi privati»

Giorgio Gori ha iniziato a svuotare il suo ufficio a Bergamo. Dopo dieci anni come primo cittadino, ora lavorerà lontano dalla sua città, nella nuova veste di europarlamentare. «Ci sono carte dappertutto - commenta ridendo - ma va bene così, è un reset necessario».

Dieci anni alla guida di una città che ha cambiato volto e oggi si presenta, politicamente, come un feudo di centrosinistra - la conferma è arrivata con i risultati delle europee e delle comunali, che hanno premiato in entrambi i casi il Pd - e socialmente come un centro aperto e prospettive che esulano dalla dimensione provinciale. «Inizialmente non è stato facile però - confessa - io venivo dal mondo privato ed ero abituato a vedere le cose fatte in pochi minuti. Poi ho capito che le procedure pubbliche sono tutta un’altra cosa, anche se io sono rimasto uno impaziente, che le cose le vorrebbe fatte con rapidità».

Un tratto che gli ha conciliato le simpatie di un elettorato che non è poi così diverso da quello comasco, intessuto di piccoli e medi imprenditori. «Penso di essere stato portatore sano di alcuni valori e tic propri di questi territori e di alcune naturali attitudini molto integrate nella cultura d’impresa, la cultura del fare» conferma, per spiegare come sia stata possibile l’ascesa del Partito democratico, che a Como, città con cui Bergamo condivide diverse caratteristiche, sembra inverosimile. «Fare il sindaco però richiede anche grande empatia, rapporto con i cittadini, capacità di ascoltarli e stare in mezzo alla gente. Così si sviluppano le potenzialità di un territorio. Anche Como ne ha molte».

Averle è un conto, svilupparle invece è tutta un’altra storia. Così l’esperienza di Gori, mentre si prepara al balzo verso l’Europa, diventa anche per la nostra città un riferimento prezioso. «Servono ambizione e voglia di migliorarsi e serve iniettare questo desiderio in tutti, non solo nella giunta e nel consiglio comunale, ma anche negli attori della vita economica e culturale. Per uscire dal guscio della tranquilla città di provincia, dove tutto sommato si vive bene, occorre essere disposti a guardare anche fuori». Come nel caso della stazione europea da 200 milioni di euro che verrà realizzata a Bergamo, grazie ai fondi del Pnrr, ispirandosi a quella di Utrecht, nei Paesi Bassi. Meno provinciali dunque e più europei, ma per diventarlo non si può lavorare da soli.

«L’azione pubblica non può arrivare dappertutto. Io ho sempre avuto molta fiducia nelle forze vive dentro alla società, come attori economici e culturali, del commercio, del turismo, del volontariato e del mondo della formazione. Pubblico e privato devono lavorare insieme, superando le diffidenze. Se non avessimo avuto gli imprenditori, qui a Bergamo non avremmo fatto tanta rigenerazione urbana, per esempio». Un lavoro di squadra come quello raccontato da Giorgio Gori funziona se c’è un leader capace di trainare tutti. «Se sono stato carismatico? Non è bello dirlo, ma, senza modestia, credo di esserlo stato. Questo è servito ad avere una maggioranza facile, nei miei due mandati, incardinata sul Pd, il mio partito, e su una lista civica che portava il mio nome. Stavo esattamente a metà di questo quadro politico, che mi ha aiutato molto».

Il sogno di una Como ambiziosa, che come Bergamo voglia darsi uno slancio diverso dal passato, secondo l’ex inquilino di palazzo Frizzoni ha due piste da seguire. Da una parte, la cultura. «In senso ampio, dal festival operistico ai concerti e agli eventi nei quartieri. Se una città vuole alzare la sua soglia di attrattività e far arrivare più giovani, allora la vivacità pubblica è tra le cose che contano di più». E che per ora a Como mancano. Dall’altra parte c’è il calcio. «Una storia sportiva vincente può diventare la storia di una città vincente. Vale la pena investire su questo. E a Como non mi sembra proprio manchino le opportunità per ottenere soddisfazioni».

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