I giudici e la “mantide”: «Bugiarda e pericolosa. Non merita sconti»

La sentenza Le motivazioni della condanna a 16 anni e 5 mesi per rapina e lesioni alla comasca Tiziana Morandi: «Elevata pericolosità sociale»

Una «falsa» dotata di «spiccatissima pericolosità sociale» che ha «pervicacemente negato ogni addebito» continuando a «dimostrare» di non aver «alcun segno di redenzione» e con un’indole incline a delinquere dal quale «emerge un quadro di elevata probabilità di commissione da parte di ulteriori fatti delittuosi».

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Parole durissime quelle scelte dai giudici di Monza per motivare la condanna a 16 anni e 5 mesi - più alta addirittura di quella chiesta dal pubblico ministero - nei confronti di Tiziana Morandi, 49 anni, comasca, passata agli onori (si fa per dire) della cronaca come “la mantide della Brianza”. Condannata per aver drogato e poi rapinato diversi uomini che si erano invaghiti di lei. Uomini chiamati a ricostruire in un’aula di Tribunale le accuse mosse nei confronti della Morandi, cresciuta in quel di Rebbio. Testimonianze, le loro, ritenute assolutamente spontanee e verosimili dai giudici, i quali hanno respinto la tesi dell’imputata secondo la quale le vittime si sarebbero inventate «di essere state drogate e rapinate» solo «per il fatto di essere stati rifiutati». «Implausibile» si legge nella sentenza.

Ma il capitolo più pesante è quello sulla stessa Morandi e sulle dichiarazioni che lei ha reso nel corso del processo: «Dichiarazioni largamente contraddittorie e palesemente inverosimili» quando non «spregiudicatamente false». Una donna che «ha dato di sé l’immagine di vittima o mera spettatrice delle vicissitudini delle parti lese» quando in realtà «ha dimostrato una spregiudicata lucidità e una serialità delittuosa deliberatamente perseguita, spia di spiccatissima pericolosità sociale». Tiziana Morandi aveva detto di aver fatto «dormire» sconosciuti «in casa e spesso addirittura nel proprio letto unicamente in ragione di una estrema gentilezza e senso di ospitalità».

Nel corso del processo, poi, si avrebbe costruito per sé l’immagine di «vittima al punto tale da essere stata oggetto di vere e proprie violenze, tuttavia mai denunciate e neppure confidate». E le spiegazioni dei malesseri delle vittime da parte «dell’imputata» sono apparse «inverosimili, calunniose o comunque sconfessate». Sul calcolo della pena, poi, i giudici hanno sottolineato come non dev’essere riconosciuta nessuna attenuante considerata «la serialità e la gravità dei fatti contestati nonché la pessima condotta processuale» per aver «spudoratamente mentito». Quello che «emerge» è «un quadro di elevata probabilità di commissione da parte della Morandi di ulteriori fatti delittuosi». Una donna che «ha manifestato una capacità a delinquere particolarmente insidiosa e allarmante» che si è pure «affinata nel tempo» e che, durante il processo, non ha «mai mostrato alcun segno di redenzione».

Infine sulla presunta incapacità di intendere e di volere i giudici tagliano corto: «Non vi è alcuna ragione per dubitare della piena imputabilità al momento dei fatti».

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