«I lavori sullo stadio per la serie A? Un inferno»

Il dibattito L’ex assessore Caradonna seguì gli interventi per ottenere l’ok al campionato 2002-2003: «Conciliare la sicurezza con i vincoli sulla struttura. Ma è un posto meraviglioso per le partite»

Il Calcio Como dell’allora patron Enrico Preziosi in due anni passò dalla serie B alla serie A e anche nei due anni precedenti la tensione con il Comune riguardava il nodo dello stadio.

Anni complicati e tanti problemi

Un doppio salto sportivo, quello dalla C alla B e poi dalla B alla A (giocata dal Como nel 2002 -2003) ma che dovette fare i conti con la questione dello stadio Sinigaglia, con i lavori urgenti da fare, le deroghe da ottenere per poter disputare il campionato di massima serie. Uno stadio sottoposto a vincolo da parte della Soprintendenza con tutto quello che ne consegue in termini di burocrazia, autorizzazioni, pareri e limiti sugli interventi. A Palazzo Cernezzi come assessore ai Lavori pubblici c’era Fulvio Caradonna che, con salti mortali, riuscì a far disputare tutto il campionato in A.

Ed è lui oggi, più di vent’anni dopo, ad esordire dicendo: «Spostare un chiodo sullo stadio era un inferno soprattutto per il vicolo della Soprintendenza. E oggi intervenire, tenendo conto delle norme in materia di sicurezza e ordine pubblico, molto più restrittive, è ancora più complicato». Poi aggiunge: «Il Sinigaglia vincolato vuol dire avere imposto, nel corso degli anni, un tipo di ristrutturazione che allora consentiva di non tenere conto di tutte le normative. Non c’erano, ad esempio, i seggiolini ma realizzammo la curva con i tubolari. Oggi, invece, è tutto molto più complicato. All’epoca avevamo ottenuto una deroga grazie a Carlo Longhi , responsabile al ministero dell’Interno per la sicurezza e inoltre responsabile Fgic (Federazione italiana gioco calcio, ndr) per la capienza stadi. Allora la regola per l’iscrizione alla serie A prevedeva 20mila posti e noi, dopo mille salti mortali e una grossa mediazione anche con la Federazione ottenemmo la deroga a 16mila posti. Mettemmo le tribune metalliche anche davanti alla curva ospiti e arrivammo a quella capienza. Oggi, anche rimontando quelle strutture, non si arriverebbe mai a quei numeri».

Per capire quanto possa pesare, in termini pratici, il vincolo, Caradonna fa un esempio. «La Soprintendenza - spiega - mise condizioni precise anche sull’altezza della tribuna ospiti perché poiché doveva essere consentita la visibilità del lago, oltre a prevedere una serie di parametri anche per la presenza del Monumento ai Caduti. Ricordo infatti che la tribuna ospiti costò uno sproposito se si rapportano il numero dei posti e i costi».

Secondo l’ex assessore di Palazzo Cernezzi «lo stadio Sinigaglia è una struttura delicata» ma è anche lui un sostenitore del fatto che le partite continuino a disputarsi lì. «All’epoca l’unica alternativa fuori città era la zona di Villa Guardia - racconta - dove sono stati realizzati nel frattempo l’elisoccorso e parte della Pedemontana. Già allora, però, si parlava di un investimento di 100 milioni per stadio, parte commerciale, infrastrutture. Una forza economica che il Comune non avrebbe potuto avere».

Il blitz dei fari e i tubolari

Tornando all’inizio del 2000, le tensioni con la società (e non solo) per adeguare la struttura non furono poche. «Non bisogna dimenticare - aggiunge Caradonna - che all’epoca ci consentirono di mettere, nella zona del velodromo, solo strutture provvisorie poiché l’impegno doveva essere quello del ripristino futuro di quello spazio per la Soprintendenza. Né Alessio Butti con i distinti né io per la curva non avevamo costruito in muratura poiché con strutture provvisorie e più veloci da realizzare avremmo potuto aumentare la capienza. Un progetto di restauro completo passerebbe anche da lavori in muratura e, alla fine, bisognerà fare attenzione ai posti». Caradonna ricorda ancora quando «in un’estate tirammo su con un blitz i pali per l’illuminazione notturna, perché altrimenti il Como non avrebbe potuto disputare il campionato. L’idroscalo era paragonato a Malpensa, mi convocarono anche al ministero...ma alla fine non c’erano alternative». Sugli interventi futuri dice: «Lavorare su quella struttura è complicato, quindi ci vorrà tempo. Bisogna anche tenere conto che sotto, a tre-quattro metri di profondità c’è il lago. Questo va tenuto presente anche quando si parla di coperture e altro, poiché vanno analizzate anche le questioni statiche». E conclude dicendo: «In vent’anni è cambiato il mondo e la difficoltà al Sinigaglia è legare la sicurezza alle imposizioni della Soprintendenza. Non va però dimenticato che è uno stadio di una bellezza unica in un contesto stupendo e, se non ci fossero episodi di violenza, sarebbe anche di un’attrattiva turistica incredibile. Ecco il Sinigaglia anche in chiave turistica potrà diventare importante».

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