I medici di famiglia nelle Case di comunità: «Una scelta sbagliata»

Salute Il governo vuole renderli dipendenti del Ssn. Il presidente Spata: «Così ci allontaniamo dai pazienti». Per i sindacati un progetto che penalizza il territorio

I medici di famiglia dentro alle Case di comunità come dipendenti del Servizio sanitario nazionale.

Questa volta l’esecutivo sembra davvero intenzionato a cancellare la libera professione e le convenzioni attraverso cui i medici di medicina generale hanno da sempre lavorato. Il ministro della Salute Orazio Schillaci si è più volte pronunciato in tal senso, la riforma a cui lavora insieme a un gruppo di Regioni intende far diventare i medici di famiglia a tutti gli effetti dei lavoratori del sistema sanitario pubblico, come gli ospedalieri.

La riforma

Nello specifico è previsto che da quest’anno tutti i nuovi medici di medicina generale saranno assunti dallo Stato per prendere servizio in un determinato distretto entrando nella Casa di comunità di riferimento, secondo contratto nazionale non potranno liberamente aprire il proprio ambulatorio. Anche il canale d’accesso verrà modificato, il corso di formazione per la medicina di base diventerà di livello nazionale e non più assegnato per singola Regione. Oltre ai nuovi neo assunti anche gli altri medici di famiglia convenzionati dovranno accedere alle Case di comunità gestite dalle Asst o comunque mettere a disposizione un monte di ore pari a 15 a settimana per attività dentro a queste strutture. Con un accentramento quindi progressivo della medicina territoriale.

«Io sono contrario – commenta Gianluigi Spata, presidente dell’Ordine dei medici di Como – dobbiamo garantire vicinanza ai pazienti. Già oggi da contratto possiamo prestare servizio nelle Case di comunità. Cosa che nella nostra provincia facciamo in collaborazione con l’Asst Lariana per singoli e mirati progetti, idee condivise per meglio gestire sul territorio i bisogni di cura. Ma dovendo tenere testa a 1800, anche 2000 pazienti non ci è possibile fare anche i turni fissi nelle Case di comunità, è incompatibile». Il Ministero però intende abbandonare progressivamente gli studi medici privati.

Le proteste

«Accentrare l’attività dei medici di famiglia nelle sole Case di comunità è fortemente sbagliato- dice Massimo Monti segretario provinciale della Federazione dei medici di medicina generale - i miei pazienti anziani da Mozzate dovrebbero andare a Lomazzo. Così facendo si avvicinerebbero le cure ai malati? Cosa ne pensano i sindaci? Questi sono modelli elaborati con una visione ospedalocentrica da parte di persone che non hanno mai lavorato sul territorio e non ne conoscono le dinamiche». I medici di famiglia chiedono piuttosto reti di colleghi in forma associata che dispongano anche di piccoli strumenti per la diagnosi. «Penso che al momento ci sia solo molta confusione – dice Massimo Gatto, segretario provinciale del Sindacato medici italiani – sono tanti gli aspetti da chiarire. Il nocciolo però è che se concentri tutti i medici nelle Case di comunità li togli dal territorio, copri un vuoto per lasciare scoperto tutto il resto».

A Como lavorano 355 tra medici di famiglia e pediatri, di questi 89 nel distretto del capoluogo. L’età media è pari a 55 anni, uno su quattro circa maturerà la pensione entro i prossimi cinque anni.

© RIPRODUZIONE RISERVATA