I menù? Tutti uguali. Così il turismo uccide la tradizione

L’inchiesta Cucine aperte “h24”, pizze e carbonara. Non solo Airbnb e gentrificazione, l’“overtourism” produce anche altri danni: e Como non fa eccezione

Pizza, pasta e cappuccino, più che mandolino. L’esperienza culinaria sul lungolago e nelle principali piazze cittadine, piazza Cavour, piazza Volta e piazza San Fedele, porta all’attenzione di un visitatore attento la presenza di numerosi menù sostanzialmente identici l’uno all’altro.

Esposti fuori dai locali, su lavagne o tabelloni, i menù, quasi sempre in inglese o al massimo bilingui, ma raramente solo in italiano, puntano tutti l’attenzione sulle regine della cucina italia, o meglio sulle regine della cucina italiana che i turisti si sono immaginati e raccontati su applicazioni e social. Pasta carbonara, alle cozze o alle vongole, cacio e pepe, con pomodoro e basilico (rigorosamente “fresca”, come è indicato nella maggior parte dei menù esposti) e pizza in ogni versione ma soprattutto margherita: un trend che rimbalza di ristorante in ristorante fin dai primi locali che fanno capolino su piazza Volta, dove diversi turisti approdati in città dalla stazione San Giovanni già scelgono di fermarsi, e poi sino agli ultimi locali di viale Geno, vista lago.

App e passaparola

«Il turista è molto informato, sa già cosa vuole mangiare - spiega Claudio Castellani dal Touring Café in piazza Cavour, dove, pur essendo le quattro del pomeriggio l’ora del pranzo non sembra affatto essere passata - Fra i primi prediligono la pasta Alfredo, che è una loro specialità, gli spaghetti al pomodoro e basilico, le lasagne e poi chiedono spesso la pizza».

Una “loro” specialità, per l’appunto. I turisti stranieri, in particolare chi arriva a Como dagli Stati Uniti, dai Paesi dell’Estremo Oriente come la Corea del Sud o dai Paesi arabi, si orientano su un cibo italiano tradizionale secondo la narrazione di cui sono venuti a conoscenza soprattutto grazie ai social - TikTok troneggia su tutti, con video flash di consigli culinari uno identico all’altro per chi visita il lago di Como - e al passaparola. «Si scambiano le informazioni tra turisti provenienti dallo stesso Paese - spiega Rudi Canberri, direttore di sala al ristorante La Darsena in viale Geno - Spesso capita che ci mostrino la schermata del telefono dove compare la foto di un piatto, può anche capitare che sia un piatto del nostro ristorante, pubblicato da un altro turista e vogliono mangiare solamente quello, non sono curiosi e il menù magari non lo guardano nemmeno».

Può capitare di passeggiare tra i tavoli dei ristoranti alle 11 del mattino come a pomeriggio inoltrato e vedere la stessa scena descritta dai ristoratori: famiglie di turisti stranieri, con figli piccoli al seguito, che chiedono posto e ordinano una pizza da dividere in due o tre e qualche patatina oppure senza nemmeno consultare le proposte chiedono una carbonara. Piatto tipicamente italiano, certo, ma non familiare alla tradizione della cucina lombarda. Cucina che da diverso tempo ormai, in città, è aperta tutto il giorno, senza pause. Ad adeguarsi alla richiesta non sono solo i menù, ma anche gli orari di lavoro della ristorazione. Mentre una coppia di pensionati tedeschi fa colazione sorseggiando un cappuccio, non ci si deve sorprendere della giovane turista americana che chiede un tavolo per quattro a e alla domanda del cameriere risponde «food, lunch! Grazie». «Ora offriamo anche le colazioni inglesi - spiega Gokhan Asik, da anni cameriere al ristorante La Funicolare, sempre su viale Geno, dopo aver servito un piatto fumante di uova e fagioli a un turista straniero - Nel menù abbiamo anche i missoltini, il risotto al pesce persico o la trota salmonata, piatti della tradizione comasca, ma è difficile che i turisti stranieri li chiedano».

La diversificazione viene meno

La domanda influenza inevitabilmente l’offerta, soprattutto nei punti della città più vicini al lago, dove l’occhio del turista cade mentre aspetta il battello o passeggia e si gode il panorama. A quel punto la scelta del posto dove mangiare dipende unicamente dai tavoli liberi e dalla fila fuori dai locali. Aumenta l’omogeneità e la diversificazione, se non scompare del tutto, si sposta e per sopravvivere deve puntare su qualcosa di nuovo e capace di attirare l’attenzione del turista, distogliendolo dall’idea già consolidatasi prima ancora della partenza per il lago di Como. «Noi abbiamo aperto da poco - spiega Giuseppe Giuliani, della trattoria Nenné, che offre in mezzo all’omologazione assoluta delle proposte culinarie di viale Geno un menù tradizionale campano - e ci siamo presto resi conto che nel nostro caso il piatto va raccontato al turista. Loro arrivano comunque chiedendo carbonara e pizza, noi cerchiamo di mostrare quello che offriamo ma non sempre è facile, in quel caso proponiamo la cosa più simile che siamo in grado di preparare». Tra melanzane, pasta provola e patate e scialatielli, l’esclusa è però ancora una volta la cucina lombarda, quella tradizionale che ai turisti - consapevoli o meno della sua esistenza - parrebbe non interessare. O almeno, non qui.

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