Il Bassone è tra le carceri peggiori d’Italia, ma esiste un piano per riqualificare la struttura

Albate Ieri la presentazione di un piano di lavoro il cui fine è quello di trasformare spazi giudicati oggi troppo afflittivi

«Il carcere di Como è uno dei peggiori dal punto di vista architettonico. È afflittivo. Noi non siamo dei visionari, questo di cui stiamo parlando è un progetto che va portato avanti». A parlare ad una platea mista di detenuti, agenti, giornalisti con la presenza del vicesindaco di Como Nicoletta Ropertoe di Enrico Lironi del Cda di Fondazione Cariplo, è l’architetto Cesare Burdese. Il tema sul tavolo è affascinante, quello di una sistemazione radicale del Bassone, sia in termini di spazi interni sia di opere murarie. L’occasione è stata l’incontro di ieri all’interno del penitenziario per presentare il progetto “Ri-Co-Struire” finanziato da Fondazione Cariplo con il coinvolgimento della Facoltà di Psicologia e del Dipartimento di Psicologia dell’Università Cattolica di Milano.

Lo scopo è capire le componenti architettoniche che impattano sul benessere non solo dei detenuti ma anche di chi in carcere lavora, come gli agenti della penitenziaria, per poi provare a migliorare la struttura. Un lavoro diviso in più punti, «con il primo miglio» già alle spalle, hanno detto i presenti. A parlare per prime, introdotte dal direttore della casa circondariale Fabrizio Rinaldi, sono state le psicologhe della Cattolica Emanuele Saita e Antonia Sorge. «L’obiettivo – hanno detto – non è solo modificare l’ambiente ma come l’ambiente viene percepito da chi lo vive. Gli spazi in cui i detenuti vivono non devono essere afflittivi ma rigenerativi. C’è bisogno di cambiare le cose partendo da componenti architettoniche che incidono come la luce, l’aria, l’acustica, le prospettive, i colori, gli spazi aperti».

Per il progetto di cambiamento sono stati analizzati più spazi, le «camere di pernottamento» (ovvero le celle), i corridoi, ma anche il cortile interno che «non può essere solo un cubo di cemento aperto in alto». Sono state 73 le persone che si sono messe a disposizione (40 detenuti, 33 agenti) e che sono stati monitorate con apposite apparecchiature che registravano battiti cardiaci, pressione, reazione elettrica della pelle al passaggio nelle diverse aree ricostruite tridimensionalmente.

Sono stati infine gli architetti – il già citato Burdese ma anche Davide Ruzzon – a spiegare i prossimi passi, il «secondo miglio ancora da percorrere» e da finanziare. «Miglioreremo la permeabilità visiva, gestiremo i muri», hanno detto. Alcune idee messe sono il trasformare i corridoi non solo come zone di transito ma come spazi da usare per la lettura, per parlare, anche con una serra. Le celle sono invece previste diverse l’una dalle altre, con quelli che sono stati definiti «balconi» e «logge» per creare ulteriori spazi interni. E poi il verde e la natura per colorare il grigio del cemento. «Certe cose bisogna realizzarle sennò rimangono solo studi – ha concluso il direttore – Ma già che ci siano questi studi è importante».

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