Il boom degli affitti turistici: 7.500 letti in città. Aumento esponenziale in 9 anni

La nuova Como Nel 2016 tra case vacanza e locazioni c’erano solo 22 unità, poi l’esplosione e oggi sono 1.713. Angelo Monti: «Serve una politica, che ora non c’è, per garantire equilibrio tra le necessità di residenti e visitatori»

Da 469 a 7532: la crescita in città dei posti letto, distribuiti tra case vacanza e alloggi destinati agli affitti brevi, nel giro di nove anni è stata esponenziale. A rivelarlo senza margine di dubbio sono i dati raccolti dalla Regione Lombardia tramite il sistema di gestione dei dati turistici, Ross 1000. Sono dati che offrono un quadro inedito dell’evoluzione di un fenomeno che oggi riguarda da vicino tanto Como quanto altre importanti città italiane.

Crescita esponenziale

Se infatti nel 2016 ammontavano a 22 le strutture che offrivano ai turisti un’alternativa agli hotel, per un soggiorno a Como, sotto forma di case vacanza o affitti, il numero che oggi si riscontra è pari a 1713. Un aumento che è stato segnato, nei nove anni intercorsi, da due momenti di evidente accelerazione.

Il primo va collocato nel 2018 quando il numero di unità, ovvero di strutture adibite a case vacanza, ha raggiunto quota 501 (già tra 2016 e 2017 erano aumentate di 95 unità) e il corrispettivo dei posti letto è balzato in avanti altrettanto improvvisamente. Si è passati infatti dai 469 posti letto del 2016 ai 910 del 2017, per raggiungere poi i 2588 nel 2018.

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Una crescita repentina che si può spiegare solo in parte con l’istituzione proprio negli anni presi in esame del Cir, il codice identificativo per gli alloggi turistici, introdotto a livello regionale per combattere l’abusivismo. Il vero motore che ha spinto in avanti a velocità imprevedibili nove anni fa sul panorama turistico cittadino è da identificare nell’attrattività del territorio, che già nel 2018 aveva registrato un flusso turistico da record (3milioni e 200mila presenze in provincia). Di qui la crescita esponenziale nel numero di case vacanza

Non solo, sul totale delle strutture presenti in città, dal 2019, influisce anche una nuova opzione seguita da chi si occupa di ricezione turistica: le locazioni. Si tratta di affitti non superiori ai 30 giorni che, a differenza delle case vacanza, non offrono servizi aggiuntivi come parcheggio gratuito, piscina, visite guidate, servizi di trasporto o cambi della biancheria. Il ventaglio di possibilità è reso ancora più ampio per il fatto che tanto la gestione delle locazioni quanto quella delle case vacanza può essere svolta in maniera imprenditoriale (con un’attività continuativa e distribuita su un minimo di 3 strutture per le case vacanza e di 5 per le locazioni) oppure senza esercizio imprenditoriale.

L’esplosione vera e propria di questo mercato però è emersa in maniera incontrovertibile negli anni successivi alla pandemia, ma anche semplicemente nel confronto tra l’anno in corso e il 2023. Nel 2022 il numero di strutture per i turisti ha sfondato la soglia del migliaio attestandosi sulla cifra di 1034. Oggi, nel 2024, si avvicina già a quota 2000, proponendo ai turisti una scelta distribuita su 1713 tra case vacanza e alloggi affitti brevi, per un totale di 7532 posti letto.

«Como? Un destino segnato»

Sono numeri che non possono lasciare indifferenti perché capaci di raccontare davvero la storia della città nell’ultimo decennio. Lo crede fermamenteAngelo Monti, urbanista ed ex presidente dell’ordine degli architetti di Como, che già nel 2016 aveva indicato la dimensione turistica come determinante per il destino di Como. Destino che ora sembra «segnato», a meno di cambi di rotta nella gestione del turismo.

«Qualcuno, in modo provocatorio, ha detto che il turismo agisce su una città come un’industria pesante. È una provocazione, certo, ma ha in sé un elemento di verità - sottolinea Monti - Una città è luogo per eccellenza delle mescolanze: nel suo tessuto devono convivere ed essere conciliate le necessità e le attese dei soggetti che vivono la città stessa».

I numeri che riassumono questi anni di ricezione turistica cittadina però non sembrano rendere possibile il mantenimento di questo equilibrio: «Noi ci riconosciamo nelle città perché ci sono dei valori urbani legati ai luoghi e agli spazi sociali e di relazione. Quando questo non accade più, è come se la città venisse sottratta ai suoi cittadini. Un esempio chiaro per me è quello del lungolago».

Si tratta di un fenomeno sociale che porta allo spopolamento di alcune aree, come il centro storico e i borghi cittadini: «La sostituzione riguarda però anche il tessuto commerciale. C’è una progressiva omologazione nelle attività che sorgono in città, con modificazioni strutturali dell’economia stessa: sempre più ristoranti, ma sempre meno ristoranti tradizionali, sempre più negozi, ma ormai solo di abbigliamento. E poi questa turistificazione rende sempre più difficile per i giovani arrivare in città: così però si perdono risorse ed energie fondamentali».

Gli affitti sempre più alti e la progressiva perdita di punti di incontro per i residenti sono trasformazioni che secondo Monti non potranno essere modificate da correttivi di mercato, come per esempio la prevista diminuzione delle case vacanza sul territorio in base all’equilibrio automatico tra domanda e offerta. «Questi correttivi non bastano. E a meno di un politica più orientata a qualificare il turismo e a regolarizzare in maniera definitiva queste attività di ricezione, politica che ora non vedo, temo che il destino di Como sia segnato».

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