Il Carducci vince la causa con il Comune: «Non spetta a noi pagare le bollette»

La disputa Il tribunale condanna Palazzo Cernezzi che chiedeva 118mila euro di arretrati. La presidente Forgione: «Ribadito un principio, resta valido l’accordo di cessione del 1930»

Si brinda con il vino buono al Carducci, dove dopo mesi di assedio il Comune è costretto a battere in ritirata. Il Palazzo non è sconfitto, ci mancherebbe, ma ferito sì, ed è una di quelle ferite che fanno male.

Ricordate la causa intentata dall’amministrazione per ottenere la restituzione delle bollette arretrate? Ecco, secondo i giudici del tribunale civile i pretesi 118mila euro e spiccioli corrispondenti a dieci anni di spese di gas e luce che il palazzo avrebbe voluto farsi restituire, non sono dovuti: è nulla la cartella esattoriale emessa dall’Agenzia delle entrate il 21 ottobre del 2021 - al tempo dell’amministrazione Landriscina - e con essa è «infondata la pretesa del Comune di Como di ottenere dall’associazione (...) il pagamento» di quelle somme, così come «inammissibili» sono le domande riconvenzionali formulate sempre dal Comune. Non solo: il tribunale condanna Palazzo Cernezzi e l’Agenzia delle entrate a rifondere le spese di giudizio, per un totale di circa 12mila euro.

La vicenda

La decisione del giudice obbliga l’ente pubblico a rivedere i suoi piani, soprattutto in ottica futura, se è vero, come si racconta a Palazzo - senza che peraltro nessuno confermi nulla, e meno che mai il sindaco o alcuno tra i rappresentanti della sua giunta - che l’obiettivo è quello di ottenere anche dalla associazione di viale Cavallotti il pagamento di spese già richieste ad altre associazioni attive sul territorio; la differenza sostanziale, nel caso del Carducci, sta nell’atto con cui il fondatore Enrico Musa cedette all’amministrazione la sede di viale Cavallotti. In quell’atto (anno 1930) c’era e c’è scritto che Palazzo Cernezzi avrebbe dovuto farsi carico per sempre del pagamento delle spese per luce e riscaldamento.

Ieri la notizia della vittoria è stata subito diffusa tra i soci via whatsapp. Entusiasmo alle stelle: «Volevo per cominciare ringraziare i colleghi Dante Venco e Laura Mariani cui si deve il ricorso - dice Maria Cristina Forgione, avvocato nonché presidente del Carducci -. Il tribunale non ha fatto che ribadire quello che sostengo da sempre e cioè che per quanto attiene alle spese vale l’accordo del 1930. La mia non è una battaglia politica ma culturale e legale per l’affermazione di un principio». Reduce da un fine settimana particolarmente intenso, con la sede e con il Museo Casartelli aperti al pubblico - l’avvocato Forgione chiude auspicando un cambio di rotta: «Vorrei soltanto che a questo punto l’amministrazione si ponesse nei nostri confronti con toni diversi. Sono sempre stata aperta al dialogo».

Una partita ancora aperta

Restano altri nodi, come noto. A partire da quelli innescati dall’ultimatum con cui una decina di giorni fa gli uffici comunali pretendevano la restituzione delle chiavi del Museo casartelli, in base a un accordo che ne prevede l’assegnazione alla Fondazione Volta. Si vedrà. Ma almeno per questa sera in viale Cavallotti si può brindare.

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