Cronaca / Como città
Domenica 24 Maggio 2020
Il Covid accorcia l’aspettativa di vita
Ai comaschi ha “rubato” sei mesi
La Bocconi ha calcolato quanto hanno inciso i decessi sugli anni che ci restano - «A Bergamo persi oltre 7 anni. Mai così tante vittime in Nord Italia dopo le guerre mondiali»
I comaschi per colpa del Covid hanno perso mezzo anno di vita.
Niente a che vedere comunque con i 7 anni e otto mesi perduti dai bergamaschi.
L’aspettativa di vita a Como e provincia si è abbassata di sei mesi tra l’inizio dell’anno e la metà di aprile, l’eccesso di mortalità rispetto alla media registrata tra il 2015 e il 2019 conta 386 decessi di troppo, 243 uomini e 143 donne.
Questi sono alcuni dei risultati pubblicati in uno studio del “CovidCrisiLab”, un gruppo di ricerca dell’università Bocconi. Il docente di economia della salute Simone Ghislandi è una delle firme dell’articolo intitolato “L’epidemia ha comportato nel Nord Italia i costi umani più alti mai visti dal dopoguerra”.
«Ci siamo principalmente focalizzati sulle province di Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi e Piacenza – spiega Ghislandi – perché in questi territori si è registrato il più forte eccesso di mortalità. In particolare la situazione di Bergamo non è nemmeno paragonabile a quella della fascia prealpina. Sia chiaro, anche nelle altre province le notizie sono state funeste. Ma statisticamente i tassi più elevati riguardano le cinque città lombarde citate».
Lo studio demografico si basa sui dati Istat, tra le tabelle pubblicate c’è un grafico che ripercorre i tassi di mortalità dal secolo breve al nuovo millennio dove ci sono due grandi cadute. Una all’inizio del Novecento con la Prima guerra mondiale e l’epidemia della spagnola e l’altra con la Seconda guerra mondiale. L’andamento storico ora è da aggiornare con il Covid.
«A Como l’abbassamento dell’aspettativa di vita è su base stagionale – dice ancora il docente della Bocconi – ed è basso rispetto ai territori più colpiti. Vale in particolare per gli uomini, che, come noto, si sono ammalati di più durante l’epidemia. Su base annuale invece entro la fine del 2020 la mortalità in eccesso dovrebbe venire riassorbita e tornare a livelli normali. Al netto delle possibili nuove ondate dell’epidemia che speriamo non si verifichino il prossimo autunno».
Nel comasco i decessi contati da inizio marzo e ascritti al coronavirus sono ormai 600. Tanti, troppi, ma pochi rispetto all’epicentro dell’epidemia. I ricercatori della Bocconi stimano una perdita dell’aspettativa di vita a Bergamo pari a 7,8 anni per gli uomini, 5,8 per le donne. A Brescia gli uomini hanno perso 5,1 anni, a Piacenza le donne 3,2 anni. L’eccesso di morti nella bergamasca conta 5.686 unità, una cifra impressionante.
Sono 3.671 i decessi in più a Brescia, 1.756 a Cremona, 907 a Piacenza e 827 a Lodi. Nello studio una mappa mostra con i colori il tasso di mortalità dei singoli comuni, spesso colorati di un rosso acceso, alle volte perfino scuro. Nella mappa la fascia prealpina tende più al rosa. Rispetto a Como i lecchesi hanno un eccesso di mortalità superiore.
Se l’epidemia sparisse Bergamo come le altre province più piagate entro dicembre recupererebbe parte della speranza di vita, precisamente per gli uomini bergamaschi il tempo perso si ridurrebbe a 3,5 anni e per le donne a 2,5.
«Un possibile impatto sulla speranza e la qualità della vita – dice Ghislandi – l’avrà però la prossima attesa crisi economica ormai alle porte».
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