Il collaboratore parrocchiale ucraino di Albate: «Trump ha sbagliato. Ora speriamo nell’Europa»

Conflitto Originario di Leopoli e da poco cappellano al Sant’Anna. Don Stepan: «Serve una pace giusta. Se no, la democrazia è in pericolo»

«Il mondo sta cambiando i suoi equilibri. Molte cose non saranno più come prima e non solo in Ucraina». Don Stepan Tymonchank, collaboratore parrocchiale di Albate e, da pochi giorni con-cappellano dell’ospedale Sant’Anna, si gode il primo sole primaverile davanti alla grotta della Madonna, ad Albate. «Sono nato a Leopoli e lì vivono ancora mia madre e mio fratello, che è sacerdote. Lì la situazione è un po’ più tranquilla, anche se all’inizio dell’invasione russa mio padre mi ha raccontato di aver visto i missili passare sopra la casa dei miei nonni, vicino al confine con la Polonia».

Un mondo che cambia

Non riesce ancora a capacitarsi del tutto della situazione in cui versa il suo Paese, nonostante i tre anni di guerra, lui che in Russia ha studiato durante il noviziato salesiano, prima a Mosca e poi a San Pietroburgo. «Luoghi bellissimi - ricorda - ma poi la dignità di un Paese la fanno anche i suoi governanti».

I cinque anni passati a Como hanno fatto maturare in lui il desiderio di entrare nel clero diocesano . Il vescovo di Como, il cardinale Oscar Cantoni, gli ha quindi permesso di mettere alla prova questo desiderio con qualche anno nella parrocchia di Albate e, da poco, anche come con-cappellano all’ospedale Sant’Anna. I legami con la comunità salesiana di Leopoli, dove il suo percorso è iniziato, restano però saldi e non solo in Ucraina. «Conosco un prete salesiano che vive negli Stati Uniti. E lui ha votato Trump, come tanti ucraini lì. Lo hanno fatto nella convinzione che potesse smuovere le cose. Ora si sono pentiti. Trump con Zelensky ha sbagliato: queste cose non si fanno di fronte alla telecamera, è mancata molta umanità in quel colloquio - commenta, in riferimento all’incontro tra i due leader alla Casa Bianca, di venerdì scorso - Ora Trump taglia i fondi per le armi, ma non si rende conto che, se viene meno la libertà dell’Ucraina, si tolgono le basi della democrazia in questa parte di mondo. L’Europa invece, per fortuna, sembra essersene accorta».

Don Tymonchank non torna a Leopoli ormai da novembre del 2022, pochi mesi prima dell’inizio della guerra: «C’erano dei segnali che lasciavano intendere che qualcosa sarebbe successo. Ma molti non ci credevano».

E oggi, tre anni dopo, continua a pregare per la pace: «Ma deve essere una pace giusta- specifica - C’è chi pensa che la pace giusta sarebbe riportare i confini del Paese alla situazione del 1991. Eppure questo non sembra possibile, ora».

I sacerdoti salesiani in trincea

Intanto, i suoi colleghi e amici salesiani gli raccontano di una guerra che non fa sconti: «La comunità salesiana di Leopoli collabora con un centro di riabilitazione per i soldati mutilati - spiega - e alcuni salesiani che conosco sono cappellani militari. Stanno sul fronte, in trincea. La guerra chiede loro questo: fanno gli autisti, amministrano i sacramenti. Un salesiano che conosco è stato colpito dalle schegge di una bomba poco sopra il cuore e al polpaccio».

Don Tymonchank conosce bene anche la condizione di chi dall’Ucraina è scappato. E di chi lì vorrebbe ritornare. «Non è bello vivere da esiliati, anche se a Como le persone per bene capiscono, chiedono della guerra e si dispiacciono. Per me è diverso: sono un salesiano, ci insegnano a essere cittadini del mondo. Un po’ vagabondi... però mi piacerebbe, un giorno, tornare nella mia Leopoli».

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