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(Foto di archivio)
La sentenza Cittadino cinese accusato di aver fatto sparire mezzo milione. Dopo il fallimento nei suoi due “saloni” non c’era traccia di oggetti da coiffeur
Quando il curatore fallimentare era entrato in quello che avrebbe dovuto essere un negozio da parrucchiere di Camerlata, all’indomani della sentenza di fallimento (datata 7 luglio 2022), aveva trovato solo dei distributori automatici di merendine ma nessuna lacca per capelli, nessuno specchio, nessun paio di forbici o pettini.
Il “Linda Parrucchiere” di Hanjian Zhao, 47 anni, cinese, era tutto fuorché un negozio di acconciature. Ed anche il tentativo di verificare la seconda attività in via Manzoni era andato a vuoto, perché anche lì si faceva tutto ma non i capelli. Insomma, era nata così l’indagine della Procura di Como, coordinata dal pm Antonia Pavan, per una bancarotta fraudolenta che nella giornata di ieri ha portato alla condanna dell’imputato – di cui si sono perse le tracce – a quattro anni di reclusione in quanto ritenuto responsabile di aver sottratto una cifra quantificata dallo stesso curatore fallimentare in oltre 500 mila euro.
I giudici hanno condannato il cinese per aver fatto sparire i libri e le altre scritture contabili obbligatorie, rendendo in questo modo impossibile la ricostruzione del patrimonio e dei movimenti di affari dei negozi. L’uomo – che è stato difeso dall’avvocato Pasquale Saggiomo – è stato invece assolto dall’aver compiuto con dolo operazioni in grado di portare allo stato di insolvenza.
A portare a galla la storia, era stata una dipendente che non aveva più percepito lo stipendio, vantando un arretrato di 1.800 euro, cifra che è bastata per arrivare all’istanza che aveva dato il via alla vicenda che si era conclusa con il fallimento, sancito dal Tribunale nel luglio del 2022. Il curatore fallimentare, che ieri è stato sentito in aula come testimone, si era poi presentato fin dal giorno successivo all’esterno del negozio di piazza Camerlata, trovando però solo delle macchinette per la distribuzione delle merendine. Anche il secondo negozio di via Manzoni da tempo non esisteva più, come pure non c’era traccia del quarantasettenne cinese nei due appartamenti di cui rimanevano tracce come possibili dimore, uno in via Colonna – a pochi passi dal negozio – e uno in via Borgovico.
Il signor Zhao, insomma, pareva essersi volatilizzato, scomparso nel nulla. E tale è rimasto perché ieri mattina, in aula, si è presentato solo il suo legale che ha cercato di convincere il collegio in merito all’assoluzione, puntando sull’impossibilità «nel ricostruire la genesi di quel debito» prevalentemente con l’erario ma anche in parte con il Comune di Como, con la banca e, ovviamente, con la dipendente. Una somma quantificata in 509.882 euro che è finita negli atti che hanno portato il parrucchiere davanti ai giudici con l’accusa di bancarotta fraudolenta. Fascicolo che per il primo grado si è chiuso con la già anticipata condanna a 4 anni. «Attendiamo le motivazioni della sentenza – ha poi commentato l’avvocato Saggiomo – Valuteremo il ricorso in Appello».
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