Cronaca / Como città
Domenica 02 Gennaio 2022
Il vescovo: «Chi non si vaccina
fa del male agli altri»
Nel Te Deum una riflessione sulla pandemia e un messaggio a favore della solidarietà: «Non ci sono atti individuali senza conseguenze sociali»
Quello del vescovo Oscar Cantoni , nel pontificale di fine anno, accompagnato dal canto del Te Deum, è stato un accorato appello alla vaccinazione. L’intera omelia, intitolata: “Cosa impariamo dalla pandemia?”, si è focalizzata sui cambiamenti storici e sociali ai quali assistiamo, a distanza di quasi due anni dallo scoppio dell’emergenza sanitaria.
Il vescovo ha invitato quanti non l’avessero ancora fatto a vaccinarsi: «Pur nel rispetto delle scelte di una minoranza di scettici, diffidenti del vaccino - ha chiarito Monsignor Cantoni - ma tenendo conto che siamo responsabili gli uni degli altri, è auspicabile che anch’essi giungano a comprendere che l’astensione dal vaccino finisce col gravare sulla salute delle altre persone, sul lavoro di molti, già pesante di suo, con conseguenze, non solo economiche, non indifferenti. Non ci sono atti individuali senza conseguenze sociali».
Le parole del Papa
Un messaggio chiaro, inequivocabile, preceduto tra l’altro dalla citazione di un passaggio dell’Enciclica di Papa Francesco, “Fratelli tutti”: “Nessuno si salva da solo, ci si può salvare unicamente insieme”. Questo invito alla solidarietà deve contrastare atteggiamenti di diffidenza verso il prossimo, tendenze all’individualismo, logiche improntate al bene del singolo e non al bene comune. Non si è trattato dell’unico spunto offerto dal vescovo ai comaschi durante l’ultima celebrazione dell’anno: «Il 2021 volge al termine - ha infatti esordito - ma intanto si susseguono giorni difficili, nei quali tocchiamo con mano la nostra comune fragilità, mentre ci credevamo invulnerabili, data la potenza tecnologica e scientifica acquisita. La pandemia, purtroppo, non è finita, continua a mietere vittime e a generare un clima di inquietudine, in un orizzonte pieno di incertezza e paura. Penso ai colpiti dal Covid, ma anche alle famiglie, ai ragazzi e ai giovani, alle persone sole, agli anziani, ai disabili, ai senza fissa dimora. Costretti a vivere isolati, ci rendiamo conto che il vivere con gli altri è essenziale per la nostra vita».
«Insieme al riconoscimento della situazione drammatica, in cui tutti siamo coinvolti, non è inutile domandarci cosa vuol dirci il Signore, che cosa stiamo imparando da questa lezione così severa, mentre ci è chiesto lo sforzo solidale meno gravoso, che è quello di vaccinarsi e di rispettare le indicazioni che ci vengono proposte». Il vaccino, quindi, come strumento di tutela non solo per se stessi ma soprattutto per gli altri, nella speranza di superare, il prima possibile, una stagione così complessa e carica di sofferenze dovute a malattia, isolamento, distanze tra le persone.
Il ringraziamento
Le difficoltà, comunque, sono state rese meno gravi grazie al lavoro di molti: «La nostra commossa gratitudine va innanzitutto a quanti, nella nostra società, si prendono cura degli altri: gli uomini di scienza, gli operatori sanitari, il personale medico e infermieristico, i responsabili delle Comunità civili, i militari, i Vigili del fuoco, i membri della Protezione Civile, la Croce Rossa e le varie associazioni di volontariato, le diverse comunità religiose: persone di cui spesso non conosciamo i nomi e i volti, ma solo i benefici che ci recano».
In conclusione al suo intervento, il vescovo ha aperto lo sguardo sulle altre sofferenze del mondo, non necessariamente legate al dilagare del virus: «E mentre ci preoccupiamo per la situazione presente tra noi, non possiamo dimenticare nello stesso tempo quanti nel mondo subiscono altre calamità, vivono conflitti, guerre, malattie, fame, dove i cristiani subiscono persecuzione. Sono ventidue i missionari (anche laici) uccisi quest’anno in odio alla fede. Il nostro Dio è al lavoro, volendo fare nuove tutte le cose e risanare in profondità le ferite della famiglia umana, ma richiede contemporaneamente il nostro contributo, attivo e responsabile, personale e comunitario, attende che apriamo le porte dei nostri cuori e accettiamo il rischio di cambiare le nostre relazioni, rendendole più semplici, più vere, più umane. In questo modo non avremo un futuro uguale al passato, avremo, invece, un nuovo futuro».
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