Infermieri dal Sudamerica e dall’India: «Ma non risolvono il problema»

Sanità Regione e governo annunciano altri arrivi per tamponare la grave carenza di personale. «Lingua e alloggio gli ostacoli principali». I sindacati: «Riportiamo qui i nostri fuggiti all’estero»

La Regione ha annunciato l’arrivo all’inizio del 2025 di 200 infermieri dall’Argentina. In parallelo il governo intende assumere 10mila infermieri indiani, sempre per provare a colmare il vuoto di professionisti sanitari nel nostro territorio. Nella sola provincia di Como secondo l’Ordine degli infermieri ne mancano 350, detto che ad oggi gli iscritti sono circa 3.800 dunque all’appello serve un 10% di infermieri. Con i pensionamenti e le fuoriuscite i nuovi laureati non pareggiano il conto.

Ma proprio a Como sono partite da un anno circa due sperimentazioni simili, per importare personale già formato dall’India e dal Sudamerica. Sta funzionando? «Il nostro è solo un micro esperimento – risponde Patrizio Tambini, presidente della Rsa Giuseppine – All’inizio del 2023 per le nostre residenze per anziani e disabili abbiamo fatto arrivare una dozzina di infermieri dall’India. Il tramite è una nota agenzia interinale che in Lombardia ha già portato un migliaio circa di infermieri anche in diversi ospedali accreditati. A distanza di un anno e mezzo abbiamo deciso di confermare la metà degli infermieri indiani, tutte donne. Ci sono infatti dei limiti di tipo culturale, in particolare con gli uomini, ma soprattutto linguistici». È complicato superare il test di italiano per ottenere i vari permessi e per l’iscrizione all’Ordine. «Sì, più che le competenze professionali con l’India l’ostacolo principale è la lingua – dice ancora Tambini – è più facile importare infermieri dal Sudamerica, per l’affinità con lo spagnolo. Infatti ora sempre tramite agenzia abbiamo accolto altri sei infermieri sudamericani in sostituzione degli indiani rientrati».

Il problema degli alloggi

Anche il Valduce l’anno scorso ha assunto una decina di infermieri sudamericani, dal Perù in particolare. Donne che si sono integrate bene nell’organico dell’ospedale comasco. Alcune però hanno fatto rientro nel Paese d’origine per un altro tipo di problema: non sono riuscite a trovare una casa a prezzi sostenibili.

Il Valduce ha dato loro per un periodo limitato un alloggio gratuito, poi però volendo portare in riva al lago anche mariti e figli queste infermiere non hanno trovato abitazioni economiche. «Io sono da sola e mi basta una camera non lontano dall’ospedale – ha spiegato Kayli Vargas, 26 anni da Apurimac, una cittadina vicino a Lima – ma le colleghe che volevano una abitazione indipendente non sono riuscite a trovare una sistemazione».

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Più critici i sindacati. «Riportiamo a casa i tanti infermieri italiani espatriati – commenta Massimo Coppia, segretario della Funzione pubblica della Uil del Lario – scappati da retribuzioni inadeguate e condizioni di lavoro sfavorevoli. Tra Como e Varese ancora non si vede la famosa indennità di confine tanto annunciata». «Così si tampona soltanto la situazione – dice Monica Trombetta, infermiera dell’Asst Lariana e segretaria regionale di Nursing Up – ci sono migliaia di infermieri italiani sparsi per il mondo, che non aspettano altro che rientrare. Il vero problema è un piano d’assunzione serio in Italia». Per il presidente dell’Ordine degli infermieri di Como Giuseppe Chindamo «nessun pregiudizio verso i colleghi stranieri» a patto di garantire «l’alta preparazione e qualificazione», e fermo restando che importare qualche centinaio di infermieri comunque non risolve del tutto il problema, serve un rilancio della professione.

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