Insubria, la firma del docente contro le collaborazioni con Israele e la bandiera palestinese alla finestra

Università Il gesto di sostegno al popolo palestinese di un professore in via Valleggio: «In questa università c’è tanto individualismo, serve maggiore confronto»

Una sola bandiera palestinese, appesa alla finestra dello studio che si affaccia su via Valleggio segnala che anche nell’ateneo comasco qualcuno che risente del clima di proteste e prese di posizione che sta infuocando le università italiane. Il tema è quello della guerra di Israele nella Striscia di Gaza in generale, ma nello specifico, per quanto riguarda l’ambiente universitario, è anche sulle collaborazioni con gli atenei israeliani in ambito di ricerca scientifica, a rischio di “dual use”, ovvero di utilizzo tanto a fini accademici quanto a fini bellici.

Ad appendere la bandiera all’interno della sede comasca dell’Insubria è stato Andrea Penoni, professore associato di Chimica, che figura anche tra i sei firmatari della petizione inviata al ministro degli Esteri Antonio Tajani per chiedere la sospensione dei rapporti con Israele previsti dal bando Maeci. «La bandiera non vuole essere un messaggio anti israeliano - precisa Penoni - ma di testimonianza e solidarietà nei confronti del popolo palestinese».

Ma, secondo il professore, questa presa di posizione potrebbe essere presto messa a tacere: «Non so quanto durerà lì appesa la bandiera. Lo dico perché un anno e mezzo fa avevo appeso anche un manifesto a sostegno di Julian Assange e lunedì mattina la manutenzione ha mandato il personale a toglierlo. Forse se ne sono accorti solo ora... Questa bandiera è più divisiva, potrebbe avere vita più breve».

Anche perché voci di corridoio giunte fino a Penoni stesso dimostrano che già qualcuno ha mostrato fastidio per la bandiera appesa.

«All’Insubria non c’è stato un momento ufficiale di confronto sul tema del coinvolgimento della ricerca in questa vicenda. Ho notato in generale un forte individualismo che porta ciascuno a pensare alla propria ricerca, manca una visione più comunitaria del ruolo di ricercatore» spiega Penoni, che invece con gli altri cinque firmatari - uno dei quali si è aggiunto solo recentemente all’elenco che conta oggi 2830 firme, Angelo Maspero, docente di Chimica - si è confrontato. «Si tratta di posizioni personali, limiti che ciascuno ha per posizioni che possono anche non c’entrare col contesto lavorativo». Resta secondo Penoni un atteggiamento distaccato del polo comasco ai temi che oggi coinvolgono le università italiane, dalle più grandi come la Statale di Milano, occupata negli scorsi giorni dai protestanti, alle più piccole, come nel caso di Bergamo, dove gli studenti si sono accampati fuori dall’ateneo per protesta: «Se la protesta è pacifica e resta nell’ambito della provocazione, senza sfociare in atti violenti, io credo possa essere utile. Non credo in ogni caso ci siano le basi perché accada qui all’Insubria, anche tra i miei studenti non mi è sembrato di cogliere interesse in questa direzione».

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