Insulti omofobi al compagno e frasi d’odio. Nei guai tre liceali

Collegio Gallio Finisce alla Procura dei minori il caso delle continue vessazioni in una chat di studenti. «Gli spavaldi sono i migliori da accoltellare». Il collegio Gallio aveva subito segnalato tutto

La segnalazione alla Procura dei minori era stata girata direttamente dalla scuola, il Pontificio Collegio Gallio. L’istituto aveva ricevuto una segnalazione preoccupante dai genitori di un loro alunno, classe 2004, arrivato al Gallio nell’estate del 2020 ed inserito in una classe già formata da anni. L’integrazione non era stata semplice e con il passare dei mesi si era addirittura fatta più complicata. Ma nulla poteva far presagire, all’inizio di quell’anno scolastico post Covid, con mille problemi ancora in essere in seguito alla pandemia e la Dad ancora attiva, che si potesse addirittura arrivare ad una udienza davanti al giudice (con l’ipotesi di stalking) per tre altri alunni di quella classe, tutti del 2004 e tutti accusati di aver bullizzato il ragazzo che era poi stato costretto prima della fine dell’anno, nel marzo del 2021, a cambiare scuola.

Stiamo parlando, per la precisione, di ipotesi di cyberbullismo perché tra i quattro non ci fu mai alcun contatto fisico, mai un pestaggio, ma vessazioni e prese in giro racchiuse nella chat tra studenti dove era stato definito la “spia”. L’indagine, dopo la segnalazione della scuola e dei genitori, era finita alla squadra Mobile che aveva sentito la vittima, gli studenti, ed aveva poi acquisito integralmente le chat che riportavano frasi pesanti che tuttavia gli alunni avevano cercato di spiegare.

«Un colpo di kalashnikov»

In generale, il clima non era buono nella classe, ma alcune frasi erano sembrate esagerate: «Qui c’è qualcuno che vuole un colpo di Ak (il kalashnikov, ndr) nelle arterie», scriveva uno nel gruppo di discussione dei compagni, «guarda che lui sa dove abiti e ti viene contro il cancello con la macchinina», aggiungeva poco dopo, «sappiamo tutti che fine fanno gli spavaldi, tac in fronte secca». «Sono i migliori da accoltellare» aizzava l’amico, mentre il terzo – dopo aver inviato uno sticker con la testa mozzata di un cane – aveva aggiunto che l’avrebbe messa come soprammobile.

I ragazzi avevano però spiegato la loro versione, dicendo che questo era il loro modo di parlare, seppur immaturo, che la “macchinina” era una presa in giro per un altro ragazzo che non sapeva guidare, che la testa di cane era riferita alla frase «tagliamo la testa al toro» di cui non avevano trovato l’emoticon.

La scuola aveva deciso per la sospensione di sette giorni mutuabile con 17 ore di volontariato, essendo venuto meno il patto educativo. Uno dei tre finiti nei guai aveva accettato, gli altri avevano cambiato scuola al pari del compagno vessato. Ma la segnalazione era arrivata alla Procura dei Minori che aveva aperto un fascicolo arrivato sul tavolo del giudice, che prima di rinviare l’udienza a ottobre ha chiesto di cercare una mediazione.

La chat della discordia

Ma come si era potuti arrivare a tanto? Nell’ambito di un rapporto mai nato tra la classe e l’ultimo arrivato, deflagrante era stata la creazione di gruppi di lavoro per un compito. La divisione degli alunni aveva portato a degli scontri mai appianati, un motivo banale che aveva acceso la miccia attorno al quel diciassettenne che era finito sempre più nel mirino delle vessazioni che avevano incluso anche presunti insulti omofobi e politici, tutti contro quel ragazzo che era considerato diverso, estraneo al gruppo, poco collaborativo e distaccato.

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