Cronaca / Como città
Martedì 24 Dicembre 2024
La crisi dei negozi a Como: negli ultimi 6 anni 180 vetrine in meno
In città Soffrono soprattutto alimentari e abbigliamento. E ad aprire sono tanti centri di e-commerce (73 dal 2019). Ciceri (Confcommercio): «Più penalizzate le periferie»
Meno serrande abbassate nel 2024 che nel 2023, ma la consolazione dura poco. Se infatti si considerano i dati relativi agli ultimi sei anni, dal 2019 a oggi in città i negozi chiusi sono stati 378 e quelli aperti 195 (di cui 73 dedicati esclusivamente alla vendita per corrispondenza o tramite internet).
I numeri della desertificazione
La parola scelta dal presidente di Confcommercio, Giovanni Ciceri, per commentare questo quadro fornito dalla Camera di commercio Como-Lecco è specifica: «desertificazione». Che, peraltro, fotografa bene la realtà. A sparire nell’ultimo anno sono stati soprattutto gli esercizi non specializzati che vendono prodotti alimentari e bevande (sei in totale le cessazioni di attività), quelli che vendono articoli di abbigliamento (otto cessazioni da gennaio a dicembre), e, curiosamente, quella stessa tipologia di negozi che, da sei anni a questa parte, detiene il primato per numero di aperture. A fronte di 15 iscrizioni segnalate da Infocamere per la categoria di attività dedicate all’e-commerce (ovvero all’attività che mette in contatto, tramite Internet, commercianti e acquirenti) nel 2024 le chiusure sono state 9. Un trend che si rileva anche nei sei anni precedenti e che racconta di un’attività apparentemente attrattiva, ma che finisce poi per deludere molti.
«Un fenomeno cui assistiamo da tempo»
Non se la passano per niente bene invece i classici negozi di vicinato: quelli che vendono prodotti alimentari e bevande, per esempio, hanno chiuso i battenti in 18 nel 2023, per chi vende abbigliamento e calzature la decisione di cessare l’attività è stata presa da 17 nel 2023 e da 10 nel 2024, a fronte di pochissime aperture (un solo nuovo negozio di abbigliamento ha aperto a Como quest’anno e cinque alimentari, di cui però uno ambulante. E va anche peggio se si guardano le farmacie che dal 2019 a oggi hanno visto solo due aperture a fronte di sette chiusure, mentre per le macellerie ci sono state solo due aperture, entrambe nel 2022, a fronte di tre chiusure in tre anni. Negativo anche per libri, giocattoli e... pane e dolciumi: nessun negozio di questo tipo è stato aperto in città dal 2019 a oggi, mentre le chiusure non sono certo mancate.«È un fenomeno cui purtroppo assistiamo da tempo, a prescindere dal tipo di negozio - racconta Ciceri -, si tratta di una vera e propria desertificazione delle città, che non riguarda solo Como. Mi sono trovato recentemente con colleghi di Firenze, che denunciano la stessa situazione».
«Servono approcci nuovi»
Che è, poi, la perdita di storia e tradizioni. «Non solo - aggiunge Ciceri -, stiamo lavorando anche per far comprendere l’importanza dei negozi di vicinato, così come per sostenerli e riqualificarli». Le difficoltà, però, restano innegabili: si va dalla remuneratività diminuita all’accresciuta burocratizzazione, con un cambiamento radicale della domanda. «Stiamo facendo incontri anche nelle scuole e diffondendo iniziative tra i nostri associati, per fornire consulenza. Serve trovare approcci più accattivanti e innovativi nei confronti dei clienti, è vero che è difficile ma siamo convinti che si possa fare». I cambiamenti sono in atto e gli assestamenti sono necessari, ma l’inverno demografico avanza rendendo sempre più necessario poter comprare ciò che serve senza spostarsi di casa, che sia grazie a un negozio di vicinato o - e questa è la grande paura ormai quasi del tutto realtà per i commercianti - sfruttando le potenzialità della tecnologia.
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