La fuga dagli ospedali: «Non servono minacce ma condizioni migliori»

Sanità Bertolaso: «Stop convenzioni a chi ruba risorse» - Magnone: «I problemi: stipendi bassi e turni stressanti» - Spata: «Sanzioni inutili, restituiamo serenità ai colleghi»

Impedire la fuga dei medici dagli ospedali pubblici? Secondo sindacati e federazioni bisogna offrire migliori condizioni di lavoro.

In settimana l’assessore regionale al Welfare Guido Bertolaso si è detto intenzionato a fermare l’esodo degli specialisti verso il privato, una fuoriuscita costante da qualche anno considerata «non più accettabile».

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Tanto che la giunta potrebbe varare un meccanismo per interrompere le convenzioni con le strutture che drenano al sistema sanitario troppe risorse umane.

«Un tempo i medici ospedalieri non volevano nemmeno andare in pensione, oggi piuttosto che restare in reparto diventano medici di famiglia – commenta Stefano Magnone, segretario regionale di Anaao Assomed, sigla della dirigenza medica – bisognerebbe anzitutto capire perché c’è questa continua uscita. Forse perché gli stipendi sono bassi, i turni sono pressanti, i bonus annunciati non arrivano. È su questi temi che aprirei un confronto. Non sul bloccare il libero mercato attraverso misure che è difficile immaginare».

«Il problema non si risolve con sanzioni e pugno duro – dice Gianluigi Spata, presidente dell’Ordine dei medici di Como – ma rendendo più attrattiva la professione. Alleggeriamo i carichi di lavoro, snelliamo la burocrazia, evitiamo turni pressanti senza ferie, garantiamo la sicurezza nei Pronto soccorso. Oggi in corsia non si lavora con serenità e tranquillità, un presupposto base. Lavoriamo su questo, altrimenti i medici scappano proprio dall’Italia».

Ordine e dirigenza medica chiedono un confronto. Secondo la Uil nell’ultimo decennio i medici che hanno lasciato il sistema sanitario a Como sono aumentati del 200%, le dimissioni al netto di pensionamenti o trasferimenti presso altre aziende pubbliche sono salite da 145 a 442 ogni dodici mesi, è il dato degli infermieri è ancora peggiore.

Minacce della Regione

«Non c’è la dittatura, i lavoratori si muovono secondo opportunità – ragiona Massimo Coppia, segretario della funzione pubblica della Uil del Lario – La Regione invece di minacciare metta più risorse per stipendi e incentivi, concretizzi l’annunciato bonus di confine per trattenere i medici in Lombardia».

Cgil, Cisl e Uil lunedì hanno indetto una mobilitazione nella sanità privata, perché, dicono, anche nel privato in Lombardia servono contratti migliori e garanzie su sicurezza e turni. «Nell’ultimo decennio i medici vengono sommersi di incombenze – dice Riccardo Bertoletti, direttore sanitario del Valduce prima dirigente a Mantova – devono vicariare i compiti che altre categorie hanno smesso di assolvere. Il mestiere ha meno riconoscimenti sociali ed economici. Prima era impensabile per un ospedaliero uscire e andare a fare il medico di base, stare in reparto era un vanto. Oggi solo le specialità ben retribuite con la libera professione vengono scelte dai giovani, le altre, più pesanti, sono tutte disertate».

«Invece di pensare a difficili divieti – spiega Paolo Furgoni, esponente del Pd, ex urologo del Sant’Anna oggi in forze al presidio di Gravedona – Mettiamo in condizione i professionisti di lavorare bene nel pubblico, investiamo per costruire una sanità migliore senza lamentarci della Svizzera e dei privati che pure fanno il loro mestiere».

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