La giustizia entra in teatro: «Il carcere non è la risposta»

Il convegno Avvocati, magistrati, esperti si ritrovano al Sociale. Convegno aperto alla città sulla giustizia riparativa

«E adesso buttate la chiave». Quel modo di dire, tutto italiano, rivolto nei confronti di persone che finiscono in cella perché responsabili di reati è il filo conduttore di un incontro, unico nel suo genere, che si tiene oggi (dalle 15 alle 20) al Teatro sociale di Como. “Reato e sanzione, perché è sbagliato buttar via la chiave” il titolo, pensato dal coordinamento delle Camere Penali del Distretto della Corte d’Appello di Milano.

«Il programma - spiega l’avvocato Edoardo Pacia, presidente delle Camere penali di Como e Lecco - è indirizzato più che ad avvocati e magistrati, alla collettività e, ancor più ai giovani. Per fornire strumenti di conoscenza che superino quel forte pregiudizio collegato all’argomento, abbiamo deciso di veicolare un messaggio più chiaro e di agevole . Abbiamo coinvolto, come protagonisti attivi e relatori, magistrati e avvocati di primissimo livello, ma anche un ergastolano e persone che potranno riferire direttamente sull’esperienza della giustizia riparativa, nonché protagonisti del Terzo Settore».

L’evento si svilupperà attraverso quattro sezioni: «Rispettivamente dedicate a pene sostitutive, giustizia riparativa, dimensione carceraria della pena e terzo settore rispetto al mondo carcerario, in cui si succederanno rapidamente tre relatori per sezione e una quinta sezione caratterizzata da una piece teatrale di un’attrice professionista, sempre a tema. Ci sarà la possibilità per il pubblico anche di rivolgere domande ai relatori». «Nell’aprire l’evento alla cittadinanza - dice Noemi Mariani, presidente Camera Penale Monza - abbiamo ritenuto di rivolgere un invito particolare alle scuole superiori ed alle università. Il tema del carcere e, più in generale, dell’esecuzione della pena è poco e male conosciuto, sia perché si registra un’istintiva presa di distanza da un contesto che si reputa quanto di più lontano da sé, sia perché i mezzi di informazione, la politica ed i social spesso finiscono per veicolare un’immagine distorta, per cui alla detenzione viene attribuita una funzione meramente repressiva e punitiva. Trattandosi di un fattore culturale, è importante diffondere nelle nuove generazioni una visione corretta, che prenda le mosse dai principi costituzionali».

«La cosiddetta Riforma Cartabia ha introdotto nel Codice penale le ”pene detentive brevi” - sottolinea Daniele Cei, presidente Camera Penale di Pavia - Le pene sostitutive diventano applicabili direttamente dal giudice in sede di pronuncia della sentenza di condanna, mentre alle misure alternative alla detenzione può accedersi solo in fase esecutiva con la pregiudizievole conseguenza che l’esecuzione di una condanna ad anni di distanza dalla sentenza comporta che la pena venga scontata da un una persona magari profondamente diversa da quella ritenuta colpevole del reato. La riforma nasce quindi con l’idea di una effettiva rieducazione del reo».

«Il secondo momento di confronto - illustra Samuele Genoni, presidente Camera Penale di Busto Arsizio - affronterà la tematica dell’istituto della Giustizia Riparativa. Grazie alla narrazione di concrete esperienze, si intende testimoniare quanto lo strumento possa contribuire a una crescita personale e della collettività - non solo e non tanto, quindi, con riferimento all’autore del reato - che può contribuire a mutare l’approccio culturale rispetto al carcere».

Tra i relatori anche un ergastolano: «Credo sia corretto muovere dal senso della pena dal punto di vista di chi la subisce - dice Fabio Margarini, presidente Camera Penale di Varese, coordinatore di questo incontro - Rifletteremo se e a cosa serva la pena carceraria ed eventualmente come dovrebbe essere per avere un senso ed una funzione effettivamente rieducativa. Quando si parla di dimensione carceraria si deve partire da due dati, uno il numero dei suicidi che lo scorso anno, se non erro, è stato di 84 e quest’anno 60, ma il secondo è quello più inquietante, il numero di tentativi: 1078».

Si parlerà anche di volontariato e Terzo Settore, il cui ruolo «in carcere è fondamentale per consentire alla persona detenuta di sviluppare delle relazioni e delle competenze che favoriscano una concreta e reale possibilità di reinserimento sociale - spiega Stefano Di Pasquale, presidente Camera Penale di Sondrio - È necessario avere sempre come faro il principio costituzionale secondo cui le pene devono tendere alla rieducazione del condannato. La preziosa e insostituibile attività svolta in carcere dalle associazioni di volontariato è essenziale, soprattutto per il superamento del sempre più tristemente diffuso slogan “ Buttare via la chiave”». Ultimo atto, lo spettacolo di Claudia Fontana: «L’attrice porta il tema delle donne detenute e dei loro bambini - spiega Valentina Alberta, presidente Camera Penale di Milano - Pur costituendo una minoranza le donne presentano caratteri peculiari, sia dal punto di vista psicologico che da quello della tutela degli affetti esterni. Soprattutto pongono la questione della tutela dell’infanzia con riferimento ai loro figli».

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