La “mantide” torna in aula. Si apre il processo di appello

A Milano Al via il secondo grado a carico della comasca Tiziana Morandi. Condannata a 16 anni e 5 mesi, il suo avvocato chiede la perizia psichiatrica

Si riparte in Appello da 16 anni e cinque mesi, quelli inferti in primo grado dal Tribunale di Monza alla “Mantide della Brianza”, all’anagrafe Tiziana Morandi, quarantanovenne di Rebbio che dopo essere cresciuta nel quartiere cittadino si era trasferita a vivere a Roncello, nel Monzese appunto.

L’accusa

La procura gli contesta l’aver narcotizzato e poi rapinato ben nove uomini di diverse età, partendo da un minimo di 27 anni fino ad un massimo di 84. Azioni che seguivano – sempre secondo la tesi accusatoria – modalità diverse proprio a seconda dell’interlocutore.

Le vittime più giovani sarebbero state incastrate dopo aver preso appuntamenti per massaggi (contatti che spesso avvenivano su Facebook), mentre i più anziani sarebbero stati circuiti con la scusa di raccolte fondi o benefiche. A tutti però, secondo quanto ricostruito dai carabinieri, sarebbe alla fine stata offerta una bevanda contenente benzodiazepine, farmaco che porta ad assopirsi. Quando le vittime si riprendevano, la presunta “Mantide” aveva già portato a termine il proprio colpo. Tiziana Morandi, nel corso del processo di primo grado, aveva negato tutte le accuse sostenendo che erano i suoi clienti a «volere qualcosa di diverso» mentre lei «faceva solo massaggi».

La difesa, con l’avvocato Angelo Leone, oggi si ripresenterà in Appello a Milano, in occasione dell’udienza fissata per questa mattina, chiedendo di nuovo – come già aveva fatto in passato, nel corso del processo in aula a Monza – una perizia psichiatrica sulla capacità della “Mantide” di intendere e di volere, anche collegandola ai suoi presunti disturbi della personalità. La donna comasca era stata arrestata dai carabinieri nell’estate del 2022, nel mese di luglio, con una lunghissima serie di contestazioni.

Nelle motivazioni di primo grado, poi impugnate dalla difesa in Appello, i giudici l’avevano definita come «bugiarda» e con una «spiccata tendenza alla menzogna», con anche «una spregiudicata lucidità» unita alla capacità di «manipolare le persone».

Quindi, almeno per il primo grado, nessun disturbo della psiche – come al contrario invocato dalla difesa – bensì un modo di agire estremamente lucido che la rendeva anche pericolosa socialmente per la sua serialità. Sempre secondo i giudici, nelle motivazioni di primo grado, le giustificazioni offerte dalla Morandi erano invece «false e palesemente smentite dai fatti».

La pena in primo grado

I sedici anni e cinque mesi di condanna inferti dai giudici, erano stati più altri di quanto invocato dal pm al termine della sua requisitoria (15 anni). L’accusa aveva contestato in totale otto rapine, altrettante lesioni e l’utilizzo indebito delle carte di credito. Secondo la procura, se non era morto qualcuno in questa storia era stato «solo un caso».

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