La ’ndrangheta torna nel Comasco? «Il territorio è in gran parte sano. Ma deve imparare a chiedere aiuto»

Gli investigatori Il questore Calì: «Stringere le maglie perché la malavita non si infiltri». «Chi si trova in difficoltà non deve temere a denunciare, le istituzioni sono al vostro fianco»

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«Nessun imprenditore ha denunciato quello che avveniva, nessuno ci ha chiesto aiuto».

Matteo La Porta, dirigente della squadra Mobile, conclude così – guardando i giornalisti negli occhi – la conferenza stampa convocata per relazionare quanto avvenuto nella notte, con gli arresti della polizia che hanno sgominato non una ma ben due associazioni dedite principalmente allo spaccio degli stupefacenti, composte da uomini vicini alla malavita organizzata di stampo calabrese, che poi reinvestivano i proventi illeciti in attività “pulite” senza tuttavia farsi mancare anche affari sporchi, come il prestito di soldi ad imprenditori in difficoltà che poi venivano taglieggiati, con «tassi anche del 10% a settimana da restituire».

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«Abbiamo documentato pure un brutale pestaggio – aveva detto La Porta in precedenza – ai danni di un imprenditore comasco». Eppure nessuno ha mai denunciato.

Fare rete

Ed è stato a questo punto che il Questore di Como Marco Calì ha preso la parola per una sorta di preghiera-esortazione: «In provincia di Como la parte sana del territorio è decisamente prevalente – ha detto il Questore – Dobbiamo però fare rete e stringere le maglie, non permettendo alla malavita di infiltrarsi. Chi si trova in difficoltà non deve avere paura a denunciare, sappiate che le istituzioni ci sono e sono al vostro fianco. Le operazioni come quella di oggi servono anche a far capire questo. Anche perché di fronte abbiamo una criminalità che è abile ad intercettare gli imprenditori che sono in difficoltà».

Era stato lo stesso Questore a fare gli onori di casa, ed il tema toccato era stato sempre questo: «L’attività di contrasto ai fenomeni criminali c’è ed è viva – aveva detto – E questo è il messaggio che mandiamo a tutto il territorio».

Ospite a Como, negli uffici di viale Roosevelt, anche il direttore del Servizio centrale operativo della polizia (lo Sco), Vincenzo Nicolì: «Il traffico di droga continua ad essere una delle modalità con cui le organizzazioni criminali guadagnano ingenti risorse. Ma è anche lo strumento con cui viene mantenuta l’egemonia su un territorio, e questo è importante in un tempo in cui si fanno strada anche altre associazioni criminali straniere. Queste ultime puntano al profitto, ai guadagni, la malavita mafiosa invece ha anche necessità diverse, ovvero rendersi visibile sul territorio e controllarlo. Non sono necessari omicidi, bastano le minacce, far intendere la riconducibilità a contesti di ndrangheta ottenendo comunque i risultati voluti».

«Gli stupefacenti servono all’ndrangheta per rafforzare la presenza sul territorio». Video

Disponibilità di armi

Ma c’è un altro elemento che preoccupa il direttore dello Sco, ed è «l’enorme disponibilità di armi che stiamo riscontrando anche in questa operazione come in tutto il resto della Penisola. Nel 2024 siamo già arrivato ai sequestri di tutto il 2023». «È necessario che strutture ancora sane come quelle del Comasco stiano attente a non cadere nella rete della criminalità», è stata la chiosa della conferenza stampa.

Perché se è vero che anche le associazioni criminali arrivano a collaborare tra loro pur di raggiungere i propri obiettivi, è altrettanto vero che solo rendendo il nostro territorio impermeabile sarà possibile respingere gli attacchi della ’ndrangheta e delle altre associazioni mafiose. Partendo però da una base: la fiducia nelle forze di polizia che porta come prima conseguenza a denunciare quello che avviene, aiutandole ad «ascoltare il territorio e le sue richieste».

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