«La ’Ndrangheta
prima urgenza
in provincia di Como»

Intervista a Matteo Mauri, vice ministro dell’Interno: «L’elevato numero di affiliati mi ha impressionato ma non stupito»

Como ai vertici nel Nord Italia per il numero di locali di ’ndrangheta operativi sul territorio, subito dietro a Torino e al pari di Milano. «Un dato impressionante, anche se non mi ha stupito». A dirlo è Matteo Mauri, viceministro dell’Interno, Pd, braccio destro del ministro Luciana Lamorgese, che ieri è stato a Como per un incontro con prefetto, vertici delle forze di polizia, vigili del fuoco e sindaci del territorio.

Viceministro, la relazione della Direzione Investigativa Antimafia segnala l’operatività di ben sette locali di ’ndrangheta in provincia di Como. Solo Torino ne ha di più nel Nord Italia. È sorpreso?

«Mi ha impressionato questo dato ma no, non mi ha stupito. La provincia di Como è una delle più ricche d’italia. E l’infiltrazione della criminalità organizzata segue i soldi e di conseguenza, in una provincia ricca come la vostra, ci si può aspettare questo fenomeno. Non è un caso che Lombardia sia presa di mira. Questo è uno dei motivi per cui anche oggi (ieri durante il vertice in Prefettura ndr) discutevamo della necessità di avere non due, ma quattro occhi. E a Como mi sembra di intuire che di occhi ce ne sono anche otto».

Sulla base di quanto emerso nell’incontro con il prefetto e i responsabili delle forze di polizia provinciali, quali sono le principali emergenze per il Comasco?

«Non parlerei di emergenze, quanto piuttosto di urgenze. Dall’incontro in Prefettura è infatti emerso un dato chiaro: una riduzione consistente e continua della delittuosità, diminuita del 20%. Con due aspetti interessanti che colpiscono di più: riduzione del 40% dei furti e, rispetto anno scorso, del 30% delle rapine. Questo non significa che non ci siano questioni rilevanti e la prima di queste è proprio la criminalità organizzata.

Il rapporto della Dia sottolinea come la ’ndrangheta stia cambiando pelle...

La criminalità organizzata non è quella di dieci anni fa. Ha potenziato la capacità di essere pervasiva, di infiltrarsi nel terreno economico e nell’economia sana. Se possibile è ancora più insidiosa del passato, perché meno visibile. Ho però notato, qui a Como, il lavoro straordinario della Guardia di finanza nel “follow the money”, ovvero nel seguire i capitali della criminalità, e in generale la grande attenzione di tutte le forze di polizia».

Le inchieste della magistratura, prima ancora che la Dia, sottolineano anche la straordinaria quantità di imprenditori e professionisti che finiscono per fare affari con i clan. Come intervenire?

«Bisogna fare un grande lavoro di consapevolezza: in passato c’era che diceva che la mafia non esisteva, oggi ancora qualcuno dice che al Nord non esiste. È ora di uscire da questa logica per accettare un fatto e, accettandolo, per contrastarlo. E quella consapevolezza serve anche agli imprenditori: bisogna saper riconoscere la criminalità quando la si vede, soprattutto sul fronte dei prestiti. Dal canto nostro dobbiamo lavorare a un sistema creditizio che vada incontro alle esigenze vere degli imprenditori per togliere acqua a questi delinquenti.

Torniamo ai dati relativi ai reati. I numeri parlano di un calo, ma nella percezione delle persone questo calo non c’è».

Sbaglia chi ha paura?

«Chi fa politica deve occuparsi anche di sicurezza percepita. La paura è normale. Se penso che sia sbagliato, pericoloso e da irresponsabili provare a cavalcare la paura per fini politici, devo però dire che è anche sbagliato sottovalutarla. Dobbiamo stare nel giusto mezzo: non creare emergenze dove non ci sono e però anche farsi carico di queste paure. I furti in casa colpiscono, ed è inevitabile: quando ero bambino anch’io ho subito un furto, mi sono sentito violentato da quell’intrusione. Quindi lo capisco bene. Ma proprio sui furti in casa si è fatto un lavoro straordinario negli ultimi anni. Anche se debellarli è difficile, soprattutto se ci si affida solo alle forze di polizia».

In che senso?

«Dobbiamo imparare a ricostruire una solidarietà nelle cose. Tornare al concetto di comunità: le cose degli altri sono un po’ anche nostre E quindi se vedo qualcosa di sospetto dal mio vicino, non devo girarmi dall’altra parte, ma lanciare l’allarme».

Un ultimo tema caldo, sul nostro territorio, è quello della presenza di immigrati. Anche qui nessuna emergenza?

«Qui un’emergenza c’è stata nel 2016. ma è un’emergenza che si è assorbita nell’arco di un anno e oggi siamo in una condizione di assoluta normalità. Peraltro devo sottolineare come la percentuale di allontanamenti ed espulsioni di chi non ha diritto a restare e ha commesso dei reati, in questa provincia è più alta di qualsiasi altra parte. Ed è un lavoro molto importante che sta facendo la Questura».

In città abbiamo moltissime persone costrette a dormire all’aperto, nonostante la presenza di alcuni dormitori. Quanto è importante il supporto del mondo del volontariato per gestire il fenomeno?

«Il mondo dell’associazionismo, il tessuto civico, ma anche una politica che spinge verso un’integrazione e verso forme di accoglienza diffuse, è essenziale. È chiaro che se il mio obiettivo è quello di aumentare l’irregolarità per denunciare il fenomeno allora tutti i cittadini hanno un problema, se invece voglio risolverlo la strada, anche attraverso la società civile, la si trova».

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