La scuola di fronte al femminicidio. I presidi: «Faremo la nostra parte»

Il dibattito Dal ministero l’invito a organizzare attività di sensibilizzazione dopo il caso di Giulia. Anche negli istituti di Como questa mattina sarà osservato un minuto di silenzio in sua memoria

Sensibilizzare i ragazzi a respingere ogni tipo di violenza e, in particolar modo, quella contro le donne. Una sfida difficilissima per la quale la scuola è disposta a fare la propria parte, ma l’appello dei presidi è uno: non lasciateci soli.

Anche negli istituti comaschi, questa mattina, si osserverà un minuto di silenzio in memoria di Giulia Cecchettin, 22 anni, ultima vittima di femminicidio. Una vicenda che ha toccato tutti, a pochi giorni dalla Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, che cade il 25 novembre. Tante le iniziative intraprese anche negli istituti comaschi, non solo in vista della ricorrenza, ma anche durante l’anno. L’invito, del resto, è arrivato anche dal Ministero, che ha chiesto alle scuole di organizzare attività sulla tematica attraverso riflessioni e dibattiti, che possano sensibilizzare e responsabilizzare i ragazzi. Ma fino a che punto la scuola può intervenire con gli strumenti che, oggi, ha a disposizione?

Un compito difficile

«È difficile immaginare che la scuola possa assorbire tutti i problemi: deve fare un lavoro educativo nel modo migliore possibile, in un contesto sociale e culturale che per ragioni varie, per quanto riguarda il rapporto tra uomini e donne, ha aspetti tossici e velenosi – ha commentato Roberto Peverelli, preside del Setificio –, un compito non facile da portare a termine. Non ci sono soluzioni miracolose da parte delle scuole: fanno la loro parte, ma alla luce di comportamenti diffusi, se l’aggressività assume un valore nella società, è difficile da modificare. Va considerato che le scuole non agiscono nel vuoto, ma in un cotesto sociale e culturale. Pensiamo alla comunicazione sul web, ad esempio, dove assume valore agli occhi di tanti il fatto che essere aggressivi sia vincente. Viviamo in un contesto in cui essere “perdente” è stigmatizzato fortemente, in cui essere uomini vuol dire non subire mai dei no, non essere mai rifiutati. La questione non è semplice ed è delicata da mettere a fuoco, le scuole comunque fanno già tanto».

Un percorso interrotto

D’accordo anche Nicola D’Antonio, dirigente scolastico del Giovio. «È un tema su cui lavoriamo da anni – ha confermato –, purtroppo è sempre accaduto ma ora, con il caso di Giulia, la violenza sulle donne è tornata in cima alle cronache. Per quanto riguarda le nostre iniziative, da gennaio due classi quarte avvieranno un progetto con Telefono donna, inoltre a inizio anno abbiamo inserito il tema delle violenze che subiscono le donne e le discriminazioni di genere. Anche i ragazzi, nella prossima assemblea, vorrebbero toccare il tema, tra loro è molto sentito».

La scuola, ribadisce, sta facendo tutto il possibile: il problema è all’esterno. «Io resto stupito: la mia generazione aveva affrontato il tema e lo aveva compreso, si erano fatti passi in avanti, ora forse si è interrotto il percorso – ha aggiunto D’Antonio –. Sembra che siamo tornati indietro. In classe ne parliamo già, il problema sono gli adulti esterni alla scuola: viviamo in una società in cui la figura femminile è ancora di contorno, di sfondo. Nella vita ordinaria esistono ancora discriminazioni di genere. Noi, all’interno della scuola, non le tolleriamo».

Il 22 novembre il ministero dell’Istruzione e del merito presenterà il piano “Educare alle relazioni”, con l’obiettivo di «promuovere azioni concrete di prevenzione e di diffusione della cultura del rispetto, di educazione alle relazioni e alla parità fra uomo e donna».

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