La sentenza paratie, ecco perché sono stati tutti quanti assolti: «Dalla giunta Lucini nessun danno alla città»

Giustizia I motivi della maxi assoluzione di Milano. Sulla corruzione: «Viola innocente perché già in pensione, quando prese i soldi». Ma sugli incarichi frazionati «il falso fu commesso»

L’operato della giunta Lucini, sulle paratie, non ha causato alcun «danno» alle casse comunali né ha consentito a Sacaim di conseguire un «ingiusto profitto». Inoltre la complessità della vicenda «a fronte» anche «della eterogeneità delle conclusioni alle quali i diversi contributi tecnici sono pervenuti» nel verificare le scelte dell’allora amministrazione, non consentono di giungere alla contestazione di alcun reato. E tuttavia quando il primo cittadino disse di sì al cosiddetto frazionamento degli incarichi per predisporre il nuovo progetto definitivo (che sugli aspetti tecnici è servito e non poco per l’opera attuale) fu «elusa la procedura di evidenza pubblica». Quindi un reato fu commesso. Ma, ormai, è prescritto.

Corruzione e segreto d’ufficio

In estrema sintesi sono queste le motivazioni che hanno portato alla maxi assoluzione - con qualche “non luogo a procedere” per avvenuta prescrizione - nell’indagine sulle presunte irregolarità commesse dal Comune nella vicenda paratie.

Ma prima di entrare nel merito dell’opera di difesa dalle acque del lago, vale la pena soffermarci sugli altri due episodi (estranei alla vicenda paratie) terminati nel lunghissimo capo d’imputazione di un processo terminato con un nulla di fatto. Innanzitutto l’accusa di corruzione mossa agli ex dirigenti Pietro Gilardoni e Antonio Viola, sospettati dalla Procura di Como di aver intascato tangenti per inserire l’allargamento di Salita Peltrera tra le opere pubbliche considerate necessarie e strategiche dall’amministrazione. Bene, da un lato se è vero che Viola ha ottenuto 3mila euro dall’imprenditore interessato all’allargamento di quella strada, lo ha fatto quando ormai era in pensione e quindi era un privato cittadino, e non un funzionario pubblico. Mentre Gilardoni ha rifiutato l’offerta di denaro, accettando un incarico professionale «realmente esistente» e che ha effettivamente portato a termine, senza tacere il fatto che «il pagamento dell’acconto è stato corrisposto dopo che la pratica si era nuovamente arrestata in consiglio comunale».

L’altro episodio - il solo terminato con una condanna - riguarda la comunicazione da parte di Gilardoni all’imprenditore Giovanni Foti dell’elenco delle imprese invitate a partecipare a una gara comunale. Anche se nessuno ha tratto vantaggio da quella comunicazione, il fatto stesso di aver svelato i nomi ha violato il segreto d’ufficio. Da qui la condanna (a soli 6 mesi, sospesi con la condizionale).

Il nuovo lungolago

Tornando alle paratie. L’unico “capitolo” dell’interminabile saga per il quale i giudici di Milano hanno stabilito «l’esistenza di condotte idonee a configurare il delitto di» turbativa d’asta e di falso riguarda la decisione della giunta Lucini (oltre all’ex sindaco erano finiti sotto accusa anche Gilardoni, l’allora responsabile del procedimento Antonio Ferro e l’allora segretaria comunale Antonella Petrocelli) di spacchettare un incarico pubblico (per il progetto della cosiddetta variante 3) da quasi 300mila euro complessivi in incarichi da meno di 40mila euro l’uno. Questo ha consentito di procedere a a un affidamento diretto degli incarichi, senza fare una gara d’appalto.

Qui i giudici hanno riscontrato che «il frazionamento delle prestazione ha consentito agli imputati di eludere la procedura di evidenza pubblica». Ma il reato è prescritto: quindi nessuna pena, salvo le contestazioni civili.

Per il resto il ricorso della Procura di Como è stato respinto in buona parte perché ritenuto «inammissibile per difetto di interesse» in quanto, nel frattempo, l’assoluzione nel merito era anche sfociata in prescrizione. In altri casi, invece, i giudici del secondo grado entrano nel merito, come nella vicenda della “sorpresa geologica” che ha spinto Lucini a rivedere completamente il progetto originario: è vero che secondo Anac la sorpresa non c’era, perché il fondale del lago era ben noto e quindi si trattava di un errore che avrebbe dovuto comportare il rifacimento di tutto l’iter, ma è anche vero che «diversi contributi tecnici» anche durante il processo sono giunti a «conclusioni eterogenee» al punto da risultare impossibile raggiungere la prova di una turbativa d’asta o di un falso. Insomma: il fatto non sussiste.

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