«La stalker ha problemi mentali. E nessuno mi tutela: un incubo»

La storia Lo sfogo amaro di un comasco alle prese con gli agguati della ex moglie, e le istituzioni hanno le mani legate

«Sono sfiduciato». Ha l’aria di chi sente il peso della sconfitta, quest’uomo che, con il capo chino, mostra decine e decine di fogli legali. E, mentre li racconta, scuote la testa e ripete: «Si parla tanto di stalking, ma chi davvero tutela le vittime se dall’altra parte la persona che ti perseguita dovrebbe essere aiutata dal punto di vista psichiatrico?».

La persona accusata delle persecuzioni è una donna. Una delle ultime volte che se l’è trovata di fronte, al parcheggio di Tavernola, si è accasciata al suolo, ha estratto una lama dalla borsa e ha cominciato a causarsi ferite. E a urlare di essere stata gettata dalle scale dall’ex marito. Quindi è stata portata in ospedale. Lui è stato sentito a lungo dai poliziotti. Ma quella che, a una prima occhiata, poteva sembrare un’aggressione ai danni della donna era invece la punta dell’iceberg di una storia per la quale nessuno pare avere una soluzione. Perché al netto di una separazione complicata, ora l’uomo vittima di un autentico incubo non solo è esasperato, ma ha paura. E solleva un tema che si sta riproponendo con allarmante periodicità: l’assenza di misure e strutture che possano difendere chi viene preso di mira da persone con problemi psichiatrici.

Non che le istituzioni non siano state investite dal problema. Sulla vicenda che vede di fronte i due ex coniugi comaschi, entrambi over cinquanta (essendoci di mezzo patologie psichiatriche, non è il caso di eccedere in dettagli sui dati personali), la Procura di Como ha ad esempio aperto diversi fascicoli penali: per minacce, per diffamazione, per stalking (nella rara fattispecie di una donna nel ruolo dell’accusata). Ma, a parte un decreto penale di condanna a un’ammenda pecuniaria che risale ormai un oltre anno fa, da qualche mese a questa parte è tutto un susseguirsi di richieste di archiviazione. Il motivo? Alla donna è stato riconosciuto un disagio psichico importante, che porta a escludere la capacità di intendere e volere.

Chi oggi racconta il suo incubo, si era innamorato della donna che ora lo perseguita oltre trent’anni fa. Poi, esattamente trent’anni dopo, il matrimonio finisce. Da un giorno con l’altro il disagio di cui evidentemente la moglie soffriva, infatti, esplode. E la vita di entrambi viene letteralmente stravolta.

Ma il già triste iter per la fine di una relazione trentennale, diventa dramma quando, verso il 2021, la donna saputo di una nuova relazione dell’ex marito inizia a mettere in atto una serie di azioni che finiscono per riempire oltre una decina - abbondante - di denunce formalizzate a carabinieri e polizia.

Prima l’accusa di diffamazione, con la donna che racconta a chiunque di un marito che frequenta prostitute e che addirittura avrebbe avuto relazioni con minorenni (superfluo sottolineare che tutte le accuse si sono dimostrare clamorosamente false). Poi le minacce alla nuova partner dell’ex marito, con il segno del taglio della gola. Quindi altre minacce, indirette, rivolte alla sorella della compagna dell’ex coniuge: o la relazione finisce o «ammazzo tua sorella». Quindi i danneggiamenti delle auto dei due (un paio di raid ripresi dalla telecamere interna piazzata dall’assicurazione): colpi di mazza, graffi, vetri infranti. Questo inverno l’escalation.

L’escalation

Dapprima un agguato alla compagna, con la donna che si sarebbe lanciata - su quanto accaduto c’è un’indagine in corso - sul cofano dell’auto della “rivale”. Poi il doppio agguato all’ex il tutto nel giro di una settimana: nel primo caso con l’ex moglie che si getta in mezzo alla via per Cernobbio simulando un investimento (salvo poi scappar via all’arrivo delle ambulanze) quindi la finta aggressione al parcheggio di Tavernola.

«Dicono tutti di avere le mani legate - commenta, visibilmente esasperato, l’uomo - Io capisco che ha bisogno di aiuto e che se una persona non è capace di intendere non può essere imputata, ma allora io e la mia compagna come possiamo difenderci? E se un giorno diventasse violenta? Cosa possiamo fare noi?».

La giustizia non ha armi, i centri di aiuto psichiatrico non possono intervenire senza il consenso del malato, le comunità sono affollate. «E intanto le vittime continuano ad avere paura».

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