Lavoro nero, la denuncia di Magatti
«Giovani stranieri sfruttati a Como»

Il sociologo: «Inaccettabile, la città non può progredire se non rispetta la regole» - Ciceri (Confcommercio): «No alla difesa di chi sbaglia» - Colombo (Cgil): «Battaglia comune»

Como

Giovani stranieri sfruttati dagli esercenti comaschi, in particolare dai ristoratori. La denuncia arriva da Mauro Magatti, sociologo ed economista, docente alla Cattolica di Milano.

«Nonostante le difficoltà legate al Covid - dice Magatti - nelle ultime settimane i turisti sono tornati nella nostra città. Ne siamo stati tutti contenti. Mi rattrista, invece, sapere che alcuni degli operatori del settore non rispettano le regole della civile convivenza».

Il sociologo fa riferimento a situazioni emerse «grazie al lavoro dell’associazione Eskenosen di cui faccio parte e che si occupa di accompagnare persone straniere alla piena integrazione. Cito due casi concreti. Il primo è di un ristorante in riva al lago che non ha pagato due lavoranti nei mesi precedenti al Covid. E di fronte alla garbata richiesta di saldare il dovuto, i responsabili hanno risposto dicendo che a causa delle difficoltà del virus non sono in condizione di pagare gli stipendi dei mesi di dicembre 2019 e gennaio 2020! Il secondo caso è di un ragazzo marocchino a cui - da un diverso ristorante della stessa zona - è stato offerto qualche giorno fa un posto in nero a 30 euro al giorno per 9-10 ore di lavoro». Comportamenti inaccettabili, spiega Magatti: «È giusto che chi gestisce un’attività economica sia remunerato. Ma, allo stesso modo, chi lavora deve essere pagato dignitosamente».

«La mia non è un’accusa generalizzata - aggiunge - so che c’è chi rispetta la regole. Ma casi come questi danneggiano tutti, i dipendenti che vengono sfruttati, gli altri esercenti, ai quali fanno concorrenza sleale, e l’intera città, di cui si rimanda un’immagine che non rende giustizia a chi lavora onestamente».

Al tema del modello di società di cui diventiamo vettori («Che idea della nostra società queste persone arrivate da noi possono farsi? Come possiamo chiedere loro di rispettare le regole quando siamo i primi noi a stracciarle?») si aggiunge quello della mancanza di controlli: «Come è possibile che queste cose avvengano nel centro della nostra città?».

Magatti sollecita un confronto e una presa di coscienza «nell’opinione pubblica, nelle associazioni imprenditoriali, nei sindacati, e anche in coloro che si macchiano di questi comportamenti deplorevoli».

«Se Como vuole guardare avanti - conclude - deve sapere che ci sono ormai condizioni ben precise da rispettare: non è sfruttando gli altri o l’ambiente che si genera ricchezza. In una società avanzata, c’è sviluppo solo laddove si investe nelle persone, nella qualità, nelle infrastrutture, nella bellezza, nella conoscenza, nella cultura. Mai come oggi si può dire che o si genera valore condiviso (cioè di tutti) oppure il valore (anche economico) viene dilapidato fino a non essercene più per nessuno».

«I controlli ci sono, e noi non abbiamo mai tutelato chi agisce al di fuori delle regole - è il commento di Giovanni Ciceri, presidente di Confcommercio Como - Il momento è difficilissimo, per tutti i settori e per il turismo in particolare, quindi anche per la ristorazione. Questo è un dato di fatto, ma le regole devono essere rispettate. Detto questo, ci vorrebbe qualche dato di più rispetto a quello che riferisce Magatti, per fare una riflessione più approfondita».

«Da tempo - aggiunge Umberto Colombo, segretario della Cgil comasca - facciamo presente che si rivolgono a noi lavoratrici e lavoratori, sia stranieri che italiani, che ci fanno presente che in alcuni casi non c’è rispetto dei contratti nazionali di lavoro e denunciano situazioni di lavoro nero o lavoro grigio. E da tempo diciamo che questa tendenza va combattuta con forza: siamo in un momento particolare, in cui subiamo le conseguenze negative dell’epidemia, ma non si può accampare questa scusa per scegliere la strada della riduzione dei costi negando i diritti dei lavoratori. Con le associazioni di categoria stiamo condividendo la battaglia per il rilancio, chiedendo fra l’altro risorse adeguate, ma l’impegno che ci vede uniti deve essere anche sul campo del rispetto dei diritti e del contratto, contratto che fra l’altro risponde anche a esigenze di flessibilità».n 

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