Le città mafiose: «Como al vertice della classifica»

Il convegno Nando Dalla Chiesa: «Il capoluogo lariano è tra i peggiori cinque. Le cosche ora guardano a sanità e centri sportivi» - Sui 3.205 beni confiscati in Lombardia 121 sono qui

Como è tra le cinque province a più alta densità mafiosa.

Lo sostiene Nando Dalla Chiesa, scrittore, politico, oggi professore ordinario di sociologia della criminalità organizzata all’università degli Studi di Milano.

«A Como la presenza delle mafie sta crescendo, lo dice anche la direzione distrettuale antimafia – ha detto ieri Dalla Chiesa ad un convegno che si è tenuto all’Università dell’Insubria – sulla base della densità della presenza mafiosa per le province del nord il nostro centro di ricerca stila una sorta di classifica che va da un punto, il grado più alto per radicamento mafioso, a cinque punti. Como è di recente passata al livello uno, al pari di Milano, Monza, Torino e Imperia. Nel Comasco c’è una forte resistenza ed insistenza della criminalità organizzata».

Dal settore del narcotraffico, del gioco d’azzardo, dell’usura la criminalità organizzata è passata a gestire il ciclo del cemento, quindi il movimento terra e i rifiuti. Con il Covid le mafie sono entrate nella sanità. «Anche alla vita sociale, per ragioni di consenso – ha detto Dalla Chiesa – Oggi sotto alla lente di ingrandimento c’è la presenza delle mafie nei centri sportivi dei paesi».

Dalla malavita al lavoro

Il focus del convegno di ieri erano i beni confiscati, aziende agricole, appartamenti e terreni che sacerdoti come don Giusto Della Valle nel Comasco e don Massimo Mapelli nel Milanese hanno cercato di trasformare in luoghi di lavoro e di accoglienza per persone capaci lasciate però ai margini della società.

Dei 3.205 beni confiscati alle mafie in Lombardia, 121 si trovano nel Comasco. Oltre cento immobili, cinque ville, sei aziende, una quarantina di appartamenti in condominio, un albergo, due laboratori, due negozi, ma anche tanti terreni agricoli o edificabili e una trentina di garage. A tanto ammontano le proprietà prima riconducibili a famiglie mafiose e camorriste di cui ora lo Stato si è rimpossessato assegnando in alcuni casi questi beni a enti che li gestiscono.

Gli immobili

La mappa, i cui dati raccolti dall’associazione Libera risalgono a prima della pandemia, nel solo Comune capoluogo riportano quattro beni confiscati, ben 15 a Mariano Comense, 13 a Carimate, dieci a Olgiate Comasco, dieci a Cabiate, nove a Cadorago, altri otto a Cantù, sette a Erba, cinque a Fino Mornasco, quattro a Lomazzo. Ci sono felici esempi di riutilizzo sociale ad esempio a Fino Mornasco, ad uso abitativo per i padri separati, oppure ad Oltrona San Mamette un maneggio è risorto grazie all’impegno delle parrocchie e dei giovani.

A Cantù una ex palazzina fatiscente è diventata il centro dell’azienda dei servizi sociali. Ieri i docenti dell’Insubria, la coordinatrice del tavolo Rigenera Bene è in particolare la professoressa Stefania Barile, hanno aperto un concorso di idee rivolto agli studenti per individuare nuovi modi di creare valore nei luoghi sottratti alle mafie. Un gruppo di alunni potrà visitare e frequentare i beni confiscati e concludere un percorso di studi rivolto alla rigenerazione sociale. Ieri erano presenti tra gli altri per il Comune di Como l’assessore Alberto Fontana e per quello di Cantù Giuseppe Molteni.

© RIPRODUZIONE RISERVATA