L’esperto: «Fibra? Lavori fatti male. E alla fine devono pagare i cittadini»

La polemica Maurizio Crispino, docente al Politecnico: «Gli scavi non sono stati sigillati» - «Queste strade potrebbero durare molto di più, quelle “ferite” le rendono più vulnerabili»

«Questi scavi non sono stati sigillati, si vede chiaramente dalle immagini. L’acqua filtra all’interno e degrada rapidamente tanto la pavimentazione quanto il materiale per il ripristino. E alla fine chi si trova a dover affrontare il problema è il Comune, quindi i cittadini».

Manca una norma

Maurizio Crispino è professore ordinario di Costruzione di strade al Politecnico di Milano, e di vie disastrate dallo scavo per la posa della fibra, come quelle comasche, ne ha viste parecchie. «È così dappertutto - dice - Il problema è che per il ripristino di queste microtrincee è mancata finora una regolamentazione specifica, che ora è in fase di stesura come normativa Uni, e prevede fra i requisiti fondamentali che la sigillatura sia impermeabile».

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Non lo erano di certo, dice l’esperto immagini alla mano, quelle fatte a Como, e anche in assenza di protocolli tecnici «dovrebbe valere sempre il principio del lavoro svolto a regola d’arte, ovvero con il rispetto dei requisiti minimi».

«E in questi casi - prosegue - non è stato fatto, Possiamo osservare che non c’è impermeabilizzazione tra il materiale aggiunto e la pavimentazione precedente. In alcuni punti addirittura si vede che cresce l’erba».

Il fatto che la chiusura degli scavi sia stata fatta con un materiale diverso rispetto a quello della strada non è necessariamente un problema: «Non è obbligatorio utilizzare l’asfalto, ma bisognerebbe posare un materiale con tutta una serie di requisiti, deve dare aderenza, impermeabilizzare, non deve rompersi, frantumarsi o saltare via. Tutte cose che possono incidere sulla durabilità del ripristino e sulla sicurezza di bici, moto e veicoli in generale, così come sul comfort della strada persino per i pedoni».

Non è secondario, secondo il professor Crispino, anche l’impatto visivo: «In alcuni tratti la traccia della fibra, per larghezza e colore, sembra quasi delimitare una diversa corsia, per esempio una pista ciclopedonale. Un possibile elemento di confusione per i conducenti».

Il problema, comunque, non è solo comasco: «No anzi, è diffusissimo, in genere questo tipo di interventi sono realizzati in modo scadente e sono poco durevoli».

Strade più fragili

Il danno, peraltro, non si limita alla cattiva tenuta dello scavo della fibra, ma si estende all’intera pavimentazione, ed è questo l’aspetto peggiore secondo il professor Crispino: «Queste strade, senza un intervento di questo tipo, potrebbero durare molto di più. Le ferite nella pavimentazione fanno sì che questa duri meno, diventa un punto di vulnerabilità della strada. E questo lo pagano i cittadini, sotto il profilo della mancanza di sicurezza, perché si creano dei solchi pericolosissimi, ma anche per l’aspetto visivo e perché quella strada avrà bisogno di maggiori interventi di manutenzione. Manutenzione che purtroppo ricade sul Comune come gestore della strada, e quindi sulle spalle dei cittadini, che rischiano di farsi male e un più devono capire con chi prendersela. E questo è inaccettabile».

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