Lite Trump-Zelensky, gli ucraini a Como: «Si mette male. Paura per i nostri cari»

Le reazioni Una comunità di rifugiati scossa che continua a sperare in una soluzione di pace. E in città c’è chi cerca lavori stabili per non dover rientrare in patria: «Putin attaccherà di più»

Le voci sono tante, ma la posizione è una sola: «Per noi e per il nostro Paese, adesso, si mette male». C’è timore all’interno della comunità ucraina comasca, all’indomani del durissimo confronto che ha visto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky attaccato dal tycoon alla guida degli Stati Uniti, Donald Trump, e dal suo vice James David Vance.

- Un riassunto di quello che è accaduto qui e qui.

«Paura per il nostro Paese»

La notizia dello scontro - Zelensky è stato accusato di non essersi dimostrato sufficientemente grato nei confronti del governo americano per gli aiuti economici e militari ricevuti, nonostante i ripetuti tentativi del presidente ucraino di ringraziare gli Stati Uniti -, condito di interruzioni continue nei confronti del leader ucraino e conclusosi con una rottura netta tra i due presidenti, ha seminato sconforto tra gli ucraini che risiedono nel Comasco. Sconforto che ha iniziato a serpeggiare già nella serata di venerdì, quando le prime notizie da Washington sono comparse sui social.

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In coda per il rinnovo del permesso di soggiorno, una signora residente in provincia raccontava di voler risolvere quanto prima i problemi legati ai documenti, per non doversi trovare costretta a rientrare in Ucraina la prossima estate. Un pensiero, questo, che spaventa, perché è difficile immaginare cosa ne sarà del Paese nel prossimo futuro.

La paura è il sentimento più diffuso anche tra i rifugiati che ruotano intorno alla parrocchia di Rebbio. «Siamo spaventati - conferma Alla,originaria di Chernhiv, nel nord est del Paese, una delle prime zone a essere messe sotto scacco dai russi nel 2022 - Quando abbiamo saputo che Trump sarebbe diventato presidente, abbiamo avuto paura che i rapporti tra i Paesi peggiorassero». Un timore divenuto realtà sotto gli occhi increduli del presidente Zelensky, del suo popolo e di gran parte dei Paesi europei venerdì, quando la firma dell’accordo che avrebbe dovuto offrire agli americani la possibilità di sfruttare le terre rare ucraine e, di contro, agli ucraini di godere di garanzie di sicurezza, è sfumata in pochi minuti. «Zelensky è rimasto in Ucraina per tre anni e ha sostenuto la causa del popolo... prima però era un comico - continua Alla - e la sua mimica facciale durante l’incontro con Trump lo ha mostrato. Aveva le emozioni stampate sul viso».

«Trump come un bambino»

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Per Valentina, arrivata a Como insieme al figlio di 14 anni, «si parla solo di business: Trump vuole le terre rare ma non gli interessa del popolo ucraino o delle persone che muoiono». La sua vicina di casa, Marina, è arrivata dal Donetsk e pensa alla famiglia che si è lasciata alle spalle e che vive in quei territori oggi occupati che rischiano di restare sotto il controllo della Russia, così come Mikaela, di Kharkiv, dove in questi giorni di negoziati gli attacchi russi si sono fatti sempre più pressanti. «Il mio genero ora è in Estonia - prosegue Valentina - e anche lì gli ucraini hanno vissuto questa notizia come una catastrofe. C’è il timore che Putin attacchi ancora di più». Sono dure anche le parole scelte dai giovani ucraini, che studiano nelle scuole comasche: «Trump si è comportato come un bambino - commenta Sofia, diciotto anni - Non ho mai visto un dialogo del genere tra due capi di governo».

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