Lo scandalo del Patria: spesi 3,5 milioni
ma è di nuovo a pezzi

Il reportage A bordo dello storico piroscafo in disarmo nel cantiere di Tavernola, aspettando la ristrutturazione

La scritta “Patria” è l’unica cosa praticamente perfetta, simbolo forse di quella volontà del piroscafo di non arrendersi di fronte alle tante traversie che ha dovuto affrontare nella sua storia e, in particolare, dagli anni Novanta ad oggi.

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Ha rischiato più volte la demolizione, ha riprovato l’ebbrezza di tornare a navigare (per poco, nel 2014) per poi finire attraccato davanti a Villa Olmo per anni (la boutique di “Dolce e Gabbana” allestita al suo interno nel 2018 lo ha, per una manciata di giorni, riportato alla notorietà di un tempo) e dal 5 giugno 2023, quando venne trainato dal “Bisbino”, è nei cantieri della Navigazione di Tavernola, di fianco al suo “gemello” Concordia, in attesa di essere tolto dall’acqua per il restauro annunciato come definitivo.

Quasi cent’anni

Oggi il piroscafo, che ha quasi cento anni, non se la passa bene nonostante i 3,5 milioni di euro spesi dall’amministrazione provinciale (che ne è ancora oggi proprietaria). Gli anni di abbandono sono simboleggiati dalle condizioni in cui si trova la pavimentazione in teak nautico del ponte di prua. I listelli sono tutti staccati dalla struttura e dovranno essere interamente rimossi (in alcuni punti ci sono dei veri e propri “buchi” coperti da assi più grandi) perché inutilizzabili. Il mix tra sole e piogge e, soprattutto, anni di mancate manutenzioni (il pavimento non è nemmeno stato coperto con teloni in plastica) hanno portato alla situazione attuale. Salire sul “gigante” del lago, ferito ma non ucciso dall’incuria, è come fare un viaggio indietro nel tempo. Il ponte esterno è quello più danneggiato ed irriconoscibile a causa delle condizioni del rivestimento mentre l’interno (protetto dalla copertura), oggi interessato dai primi lavori, fa ricordare quello che è stato il piroscafo e quello che potrà tornare ad essere.

Degli stucchi originali che rivestivano il soffitto interno realizzati con motivi floreali ne è rimasto uno, rimosso e appoggiato in un luogo sicuro. Poco distanti ci sono i pezzi degli accessori come cassetti e rivestimenti e, al centro, la parte superiore dei meccanismi di funzionamento. Due dipendenti della Navigazione stanno pulendo a mano i giganteschi ingranaggi mentre ancora più in basso c’è il cuore del piroscafo, la sala macchine con il posto di manovra. C’è anche la campanella per avvertire il comandante. Risalendo sul ponte interno si vede la parte in cui, un tempo, c’erano i divani in pelle rossa stile inglese con le colonne e le luci “Belle époque”. Di quegli arredi, oggi, non è rimasto più nulla, ma basta uno sguardo per immaginare le potenzialità del piroscafo e, con una punta di nostalgia, quello che era.

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Il secondo ponte esterno, verso poppa, è anch’esso totalmente da rifare pur risultando meno danneggiato rispetto alla prua. I listelli in teak sono comunque danneggiati e andranno cambiati. Si vede bene la struttura in ferro verniciato dove veniva fissato una sorta di “tendalino” (a differenza del gemello Concordia, per il quale venne realizzato un salone coperto sul ponte) per consentire ai passeggeri di ripararsi dal sole durante la navigazione. Anche quello più alto, vicino alla cabina del comandante e nella zona dove svetta il “fumaiolo”, porta i segni dell’assenza di interventi per un lunghissimo periodo di tempo. Lo scafo presenta segni di ruggine, alcune parti rovinate e i parabordi in legno sono in pessime condizioni (il materiale è ormai marcio e alcune parti si sono staccate completamente finendo nel lago).

Gli arbusti

Ad approfittare dello stato di abbandono è stata la natura che ha virtualmente preso possesso dell’imbarcazione con due arbusti. Uno sotto al pennone di poppa, mentre il secondo è nella zona più bassa dello scafo. Qualche ciuffo d’erba spunta qua e là sul piroscafo. Al suo posto, immutabile, la campanella a prua, ancora funzionante, presidia il gigante in eterna attesa.

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