Cronaca / Como città
Mercoledì 25 Dicembre 2019
Ma quale spritz a Como
Da noi è bianco sporco
L’idea di Slow Food è quella di riportare nei menu il vero, unico aperitivo dei comaschi
Un aperitivo km0. O della memoria. Un porto sicuro per chi della Como del dopoguerra serba un ricordo vissuto in prima persona ma anche per chi l’atmosfera di quegli anni se la porta nel cuore attraverso il racconto magari di un genitore.
Più di cento persone, domenica sera, hanno celebrato le virtù del “bianco sporco”, il vero, unico, aperitivo dei comaschi quando a dire “spritz” si rischiava di venire fulminati da un’occhiataccia. «Era un rito da celebrare con sobrietà, un bicchiere scioglieva l’eloquio per dare seguito alla chiacchiera su sport e politica, con due bicchieri si rischiava di finire al tappeto ed è per questo che la misura era una regola generalmente osservata», dice Antonio Moglia, portavoce di Slow Food, ideatore della mobilitazione per valorizzare l’aperitivo della tradizione comasca. Ad accompagnare il “bianco sporco”, del resto, non si poteva certo pensare all’esotico bengodi di certi happy hour che oggi vanno per la maggiore. Allora, sul bancone c’erano soltanto tre cose: patatine, olive e noccioline. E nessuno si lamentava. «Allora quello c’era e sembrava tantissimo - continua Moglia -, l’aperitivo era un intervallo tra la giornata lavorativa e la cena in famiglia, nulla di simile a ciò che è diventato oggi, non a caso è stato coniato il termine apericena».
L’idea di Slow Food è quella di invitare i locali a rimettere in lista il nostro aperitivo. Due le versioni ufficiali proposte nella serata all’At Home di via Porta: quella storica (vino bianco fermo con aggiunta di vermut) e quella classica (Campari al posto del vermut). Lo spritz è di origine veneta in altre città sono stati bravi a custodire le proprie tradizioni: a Brescia c’è il Pirlo (vino frizzante e Campari) di recente finito sul New York Times, a Varese è stato inventato l’Apollo in omaggio allo sbarco sulla Luna. E a Como? «È venuto il momento di darsi da fare - conclude il portavoce di Slow Food - chiediamo ai locali di dare al “bianco sporco” lo spazio che merita, noi organizzeremo altri momenti per dare evidenza a una tradizione che non deve essere perduta».
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