Mafia turca, la strategia degli hacker per nascondere le telefonate

Il retroscena Il presunto boss arrestato dalla polizia comasca in contatto con i pirati informatici. Dall’Indonesia gli avevano creato una linea speciale che consentiva di fare chiamate fantasma

Altro che Telegram Whatsapp o Signal. Il presunto boss della mafia turca, arrestato la scorsa settimana dai poliziotti comaschi, si era inventato uno stratagemma ben più complicato per riuscire a nascondere le proprie conversazioni telefoniche. A suo servizio, infatti, aveva deciso di prendersi nientemeno che un hacker indonesiano, in grado di far letteralmente sparire le telefonate fatte.

È un gioco di strategie e trucchi sempre più complicato, quello tra “guardie e ladri” (si fa per dire “ladri”, visto che qui parliamo di reati gravissimi quali associazione terroristica e banda armata), e questa volta ha avuto un vincitore chiarissimo: i detective della squadra mobile che, nonostante tutto, quelle telefonate nascoste le hanno sentite.

L’indagine

Il protagonista in questione è Baris Boyun, etnia curda, in cella da poco meno di una settimana con l’accusa di aver gestito un’associazione mafiosa protagonista di traffici d’armi, di esseri umani, ma anche di omicidi e attentati alcuni dei quali con il “sapore” dell’eversione.

Come raccontato nei giorni scorsi, a spingere la Procura antimafia di Milano a chiedere e il giudice delle indagini preliminari a firmare 18 ordinanze di custodia cautelare in carcere, è stato l’incrocio tra le intercettazioni ambientali e i riscontri successivi fatti in tempi record dagli uomini della squadra mobile comasca. Riscontri che, però, senza le intercettazioni - spesso clamorose, nei loro contenuti - non sarebbero bastati. Boyun era convinto di poter essere libero di parlare. Dagli arresti domiciliari, aveva la certezza di non essere ascoltato. E quella certezza gli derivava dalla rete di fiancheggiatori che lo hanno assistito, anche sul fronte degli stratagemmi per rendere sicure le sue telefonate.

In particolare, gli investigatori hanno scoperto che per eludere la captazione delle sue conversazioni, il presunto boss si era messo in contatto con un gruppo di hacker indonesiani. Che gli hanno fornito sim card virtuali che, di fatto, gli creavano la possibilità di telefonare come se lui stesso si trovasse in Indonesia. E quindi, non solo non sarebbe stato possibile intercettare le conversazioni, ma addirittura grazie alla triangolazione pensata dai pirati informatici le stesse telefonate non risultavano neppure.

Il tutto condito con telefoni usa e getta, continuamente cambiati per abbattere ulteriormente i rischi. Quello che Boyun non poteva sapere era che, nonostante tutte le precauzioni e le cautele, ogni parola pronunciata veniva registrata. Anche quelle dei suoi interlocutori, visto che aveva l’abitudine di parlare utilizzando il vivavoce. Merito delle microspie con cui è stata tappezzata la casa dove il presunto boss si trovava ai domiciliari. Microspie nascoste così bene da non essere in alcun modo individuate nel corso dei controlli, fatti proprio sospettando il rischio di poter essere intercettato.

Gli interpreti spaventati

Come detto ad ascoltare le telefonate in tempo reale c’erano i poliziotti o, meglio, gli interpreti turchi incaricati dalla polizia. Trovarli è stato complicatissimo: molti, appena sapevano chi era l’uomo di cui dovevano tradurre le parole, rinunciavano all’incarico per paura.

Alla fine, dopo appena cinque mesi di indagine, iniziata - va ribadito - per l’intuizione di un paio di poliziotti della squadra mobile comasca, il blitz della scorsa settimana. Con gli arresti messi a segno non soltanto in Italia, ma anche in Olanda e in Svizzera. Un colpo clamoroso, iniziato con un “banale” controllo stradale nel settembre scorso a due passi dalla Questura di Como.

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