Maxi truffa da 4 milioni di euro, niente risarcimento alle vittime

La sentenza La Cassazione sulla frode delle azioni sul Nichel senza valore. Il patteggiamento impedisce a chi ha perso soldi di incassare i beni confiscati

Le vittime del maxi raggiro per il quale due coniugi di Albate hanno patteggiato la pena (3 anni e 9 mesi lui, 2 anni e 8 mesi a lei) per truffa, non hanno diritto a ricevere i soldi confiscati agli imputati. A dirlo è stata la Corte di Cassazione che ha respinto il ricorso contro la decisione del gip di Como che aveva rifiutato loro la possibilità di ottenere il risarcimento di ciò che avevano perso.

Il ricorso

La vicenda è quella dei circa 160 investitori convinti di aver fatto l’affare dell’anno con l’acquisto di azioni di una società hi tech estone, la Ixellion. Salvo poi scoprire di essersi ritrovati tra le mani carta straccia. A tirare le redini di un affare clamoroso, che si era rivelato in verità una clamorosa truffa, era stato Antonio Sedino, 48 anni, e la moglie Elisa Cristhal Zanarotto, 32 anni. I due vennero arrestati dalla Guardia di finanza, negarono con forza le accuse, presentarono documenti per cercare di dimostrare la loro assoluta buonafede, salvo poi arrendersi e non solo patteggiare la pena, ma accettare pure di farsi confiscare 3,4 milioni di euro tra ville, auto di lusso, contanti.

Proprio da quel tesoretto tre vittime del reato di truffa e abusivismo finanziario speravano di ottenere il risarcimento, in quanto «indotti fraudolentemente dagli imputati ad acquistare azioni Ixellium».

La Cassazione, nella sua sentenza con la quale respinge il ricorso dei tre investitori (che complessivamente reclamavano indietro 110mila euro), sottolinea come ad escludere la possibilità di ottenere quel denaro sia legato alla scelta del patteggiamento fatta dagli imputati. In sostanza, quando qualcuno decide di patteggiare la pena «le istanze risarcitorie o, eventualmente, restitutorie vanno esercitate esclusivamente nella competente sede civile». Infatti il rito alternativo «preclude qualsivoglia forma di accertamento sull’azione civile» in sede penale. E così le vittime sono costrette a fare un ricorso in Tribunale per ottenere il risarcimento dei danni in quanto - a rigor di legge - il patteggiamento non è un’ammissione di colpevolezza.

La vicenda

E nonostante questo, la pena che Sedino e consorte hanno accettato è stata salata, anche dal punto di vista economico.

In due anni l’imprenditore - secondo l’accusa - aveva disseminato trappole, sottoforma di investimenti in strumenti di comunicazione quali - ad esempio - spazi pubblicitari sul Sole 24Ore, per convincere gli investitori del fatto che la società sua e della moglie, legata commercialmente - a loro dire - a importantissime aziende quotate al Nasdaq (l’indice hi tech di Wall Street), era in procinto di sbarcare sul mercato azionario europeo (in particolare,tra le altre, alla Borsa di Francoforte, di Monaco, di Parigi e Vienna) e che l’acquisto anticipato dei titoli avrebbe consentito anche di raddoppiare l’investimento iniziale. Quando gli investitori avevano iniziato a spazientirsi e avevano chiesto a Sedino conto del ritardo dello sbarco in borsa, lo stesso era riuscito nell’impresa di vendere loro altre azioni senza valore.

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