Medicina, snobbate le specialità più “dure”: «Stress e paghe basse»

Università Mentre per alcune scuole di specializzazione l’ingresso è difficile, altre sembrano essere ignorate dai laureati: «Gli specializzandi tengono in considerazione l’aspetto economico»

Ci sono scuole di specializzazione in medicina con i banchi completamente vuoti, mentre altre sono sempre al completo. I giovani camici bianchi scelgono solo le professioni economicamente più vantaggiose.

L’Associazione liberi specializzandi, in attesa della pubblicazione degli elenchi 2024, ha analizzato l’andamento dal 2020 al 2023 dei posti non assegnati o abbandonati nelle scuole di specializzazione in medicina nei vari atenei. Accanto al dato relativo alle scuole presenti all’università dell’Insubria pubblichiamo la media nazionale. Dalla ricerca emerge che alcune specialità mediche sono molto poco attrattive.

Quasi sei banchi su dieci restano vuoti per fare il medico di Pronto soccorso, una professione dura e poco gratificante. Vanno male se non malissimo farmacologia e malattie infettive, come pure microbiologia. Le percentuali relative all’ateneo metà comasco e metà varesino poggiano su numeri assoluti a volte poco consistenti, ma anche il quadro nazionale per molte specialità non è confortante. Vanno bene la pediatria, l’otorinolaringoiatria, tiene la psichiatria, meno l’anestesia, molto peggio professionalità come l’anatomia patologica, la patologia clinica o la chirurgia toracica, considerata ad alto rischio.

Al contrario i posti per fare il chirurgo plastico vanno sempre a ruba, sarà perché il lavoro è quasi tutto in libera professione e le cifre che girano sono interessanti. Bene anche la medicina dello sport.

Oltre alle scuole dell’università dell’Insubria ci sono altre specialità portate avanti in altri atenei. In generale anche qui le specializzazioni più attrattive sono quelle che garantiscono una carriera più remunerativa, ad esempio la dermatologia, oppure l’oftalmologia.

L’Associazione liberi specializzandi evidenzia il costo economico delle mancate assegnazioni e la delicata gestione degli abbandoni, significativa, ma comunque inferiore ai posti che vanno deserti. L’obiettivo dello studio è quello di «sensibilizzare i decisori», del resto viviamo in un momento storico in cui mancano gli specialisti in molti reparti, gli ospedali faticano ad assumere nuovo personale e si contendono primari e interi team. Per invertire la rotta in futuro serve un cambio di passo.

«Sono due i fattori a mio parere più importanti presi in considerazione dai giovani medici all’atto della scelta della scuola – commenta lo specialista di Areu Andrea Duca, presidente di Anaao giovani Lombardia, sindacato dei dirigenti medici ospedalieri – Il lato economico è di sicuro chiave. Ma è determinante anche l’intensità del lavoro e la qualità della vita. L’emergenza-urgenza, lo dico per esperienza, come l’anestesia comportano tanto stress e guadagni inferiori. Poi ci sono ragioni più specifiche, alcune specialità offrono pochi posti di lavoro, ad esempio la chirurgia toracica, altre sono molto poco cliniche, come la farmacologia o la patologia clinica».

«Di recente però i posti messi a bando sono di più rispetto ai candidati – dice Michele Nicoletti, presidente di Federspecializzandi – governi e regioni cercando di aumentare la platea dei futuri specialisti, ma i neolaureati non bastano. Dunque la distribuzione delle borse non assegnate risulta poco equa. E poi certo che il fattore economico conta, ma sarebbe interessante anche analizzare la qualità della didattica dei vari atenei. Una riflessione comunque va fatta, se in alcuni atenei e in alcune regioni mancano del tutto determinati specialisti occorre mettere in campo delle azioni di riequilibrio».

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