Narcotizzata e violentata dal medico. La vittima era svenuta altre due volte a causa del farmaco prescritto dal primario

Il caso Stando al racconto della donna, le aveva già dato quel farmaco e lei aveva perso i sensi. E il giudice scrive: «Personalità non facile da controllare, non sa frenare le pulsioni sessuali»

Per tre volte l’infermiera comasca vittima – secondo l’ipotesi accusatoria – del primario di Anestesia e Rianimazione Andrea Carlo Pizzi, aveva accusato un malore perdendo i sensi dopo la somministrazione di un antidolorifico da parte del medico. Ma solo nell’ultimo caso – occorre sottolineare subito – la donna si sarebbe svegliata prima, sorprendendolo ancora nudo. Fatto che la portò a chiedergli conto di quanto stava avvenendo, a registrare l’ormai famosa telefonata in cui il primario ammetteva l’abuso mentre l’infermiera era svenuta, e infine a presentarsi dai carabinieri della caserma di Turate per raccontare quello che era avvenuto. Incipit che diede l’avvio all’indagine che nelle scorse ore ha portato all’arresto del medico, primario a Villa Aprica.

La contestazione della procura infatti fa riferimento solo a un episodio, quello del primo luglio, l’ultimo in ordine di tempo. Non c’è alcuna prova e alcun riscontro che anche nei primi due svenimenti dell’infermiera sia avvenuto l’abuso.

La vicenda era stata raccontata dalla stessa vittima. L’inizio di tutto è da ricercare in un infortunio ad un braccio subito dalla donna che necessitava, dopo l’intervento, la somministrazione di antidolorifici. Il dottor Pizzi, che con la signora fino ad oltre un anno fa aveva avuto una relazione, si era offerto di aiutarla facendole le iniezioni. La prima volta in cui l’infermiera perse i sensi – stando al suo racconto – avvenne nella casa del medico tempo prima, la seconda nello studio privato di Saronno (anche in questo caso perse i sensi) e l’ultima il primo luglio quando cioè sarebbe avvenuta la violenza.

A parlare della cosa – nell’ormai nota telefonata finita agli atti in cui la vittima riesce a ottenere dal primario la conferma dell’abuso avvenuto la sera prima – è proprio l’infermiera: «È la terza volta che fai sta roba qua – dice riferendosi alle iniezioni intramuscolari che l’avevano portata a perdere i sensi – È la terza! E tu sei un medico... Invece di fare l’intramuscolo abusi? Ma ti rendi conto?». E la spiegazione arriva poco dopo: «Non puoi, quando sai benissimo che io ho una reazione avversa e faccio così, probabilmente mi tira giù la pressione...». Dunque, stando a quanto riferito dalla donna – confermato poi anche di fronte ai carabinieri di Turate – le volte in cui, in seguito all’iniezione fatta dal medico, aveva perso i sensi, sono tre: due volte nella casa di Saronno e una nello studio professionale privato del primario. Ma solo dopo l’ultimo episodio, secondo la procura, ci sarebbero gli elementi per arrivare a contestare l’ipotesi di violenza sessuale che dunque rimane circoscritta a quanto avvenne la sera del primo luglio. La vicenda è comunque ancora aperta come pure le indagini.

Ma senza dubbio la siringa “facile” del primario è uno dei motivi che hanno reso necessaria, secondo il gip, la misura cautelare, visto che altre misure non sarebbero state «idonee a impedire che l’indagato» potesse «porre in essere condotte criminose dello stesso tipo». «Emerge infatti una personalità non facile da controllare» per di più «insofferente alle prescrizioni». Il tutto con «la sussistenza di un concreto pericolo di recidiva, desumibile dall’incapacità del predetto di frenare le proprie pulsioni sessuali». La chiosa del gip è netta: «Siamo indotti ad affermare che altre persone potrebbero subire condotte analoghe».

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