Nascose proprietà e guadagni in nero: tre anni di carcere al commercialista

La condanna La Cassazione conferma la pena a carico di un professionista con studio in via Diaz. Era anche finito in carcere due anni fa per sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte

È definitiva la condanna a Gianpaolo Palmiero, commercialista “nullatenente” con studio in via Diaz, finito in cella due anni fa con una serie di accuse per reati fiscali tra cui la sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. La corte di Cassazione ha infatti respinto il ricorso presentato dei difensori del professionista per quel che riguarda la condanna penale: tre gli anni di carcere inflitti. Una pena inferiore rispetto a quella inflitta in primo grado a Como, quando il giudice delle udienze preliminari condannò Palmieri a oltre 4 anni, poi ridotti a tre in appello a Milano.

La sentenza

Dichiarazione fraudolenta mediante artifici, emissione di fatture per operazioni inesistenti e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Queste le contestazioni mosse dalla Procura di Como - l’indagine fu coordinata dall’attuale procuratore capo, Massimo Astori, e condotta dalla Guardia di finanza di Olgiate Comasco - Il tutto per un ammontare di circa tre milioni di euro.

La Cassazione, nella sentenza, ha respinto in particolare le contestazioni mosse in merito alla sottrazione fraudolenta delle imposte: «Al fine della configurabilità del reato - si legge in sentenza - non è più necessario l’effettivo avvio di un qualsiasi accertamento fiscale, essendo ora sufficiente che l’azione sia idonea a rendere inefficace l’esecuzione esattoriale, configurandosi dunque l’illecito penale in termini di reato di pericolo concreto, integrato dal compimento di atti simulati o fraudolenti volti a occultare i propri o altrui beni». E nel caso di specie a Palmiero erano contestate «una pluralità di operazioni commerciali volte all’illecito sfruttamento di agevolazioni fiscali riservate alle organizzazioni senza scopo di lucro (...) L’imputato, nella piena consapevolezza della propria posizione debitoria nei confronti dell’erario, aveva sottratto tutti i propri beni al pagamento delle imposte, sino a risultare nullatenente, avvalendosi anche delle competenze specifiche derivanti dalla professione di commercialista, in un evidente contesto soggettivo di dolo specifico».

Le proprietà “nascoste”

Proprio per questo la finanza sequestrò diversi immobili - tra i quali la villa del commercialista ad Alserio - perché, secondo quanto ricostruito dall’indagine della Procura, sarebbero passati prima nelle mani di parenti poi di una società marocchina di cui il fiscalista comasco era il procuratore speciale. Il tutto per far in modo che non fosse “aggredibile” dalle fiamme gialle e, soprattutto, dalle tasse. Inoltre, riguardo alla villa con piscina di Alserio, i lavori di costruzione erano stati pagati dai soldi di una società cooperativa, riconducibile al fiscalista, con proventi derivanti - sempre secondo l’accusa - dall’evasione fiscale.

I giudici della Cassazione hanno da qui confermato l’impianto accusatorio, limitandosi ad annullare la sentenza solo sull’inclusione della voce delle sanzioni nell’ammontare della confisca.

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