Nuovi nati in calo del 3%: siamo (di nuovo)
sotto il minimo storico

Como Nell’ultimo decennio la città ha registro un calo di nascite del 26, 7%; il dato in provincia sale addirittura al 28,7%

Sempre meno figli, il bilancio demografico di metà anno in provincia regge. In città il calo è lieve, ma le previsioni dell’Istat delineano una curva in costante discesa.

Nel 2024 fino a giugno in provincia sono nati 1.810 bambini, è un più zero virgola rispetto allo stesso periodo del 2023. In città nei primi sei mesi i nuovo nati sono 256, il 3% in meno rispetto all’anno precedente. Ed è proprio attorno a questa percentuale che le previsioni statistiche immaginano di concludere l’anno nel territorio Comasco, dovremmo raggiungere a fine anno quota 3600 neonati, un centinaio meno del minimo storico già toccato nel 2023. Un’altra piccola riduzione che si somma a quelle che anno dopo anno si sono accumulate a partire da ormai 15 anni fa. Secondo i neonatologi del Sant’Anna e del Valduce abbiamo raggiunto il livello più basso di nascite e la platea delle donne in età fertile non lascia immaginare una inversione di tendenza. Ogni donna oggi fa in media 1,2 figli e arriva al parto a 33 anni, l’età dei padri invece ha superato i 36. Occorre mettere in conto ricadute di tipo economico, sociale e sanitario.

Nell’ultimo decennio la provincia ha visto una riduzione di nascite pari al 28,7%, la città pari al 26,7%. Il contribuito dei nuovi cittadini arrivati a mettere radici nel Comasco dalle altre parti del mondo si è molto ridotto dopo la crisi economica, anche le donne straniere rimaste nel nostro territorio fanno sempre meno figli a testa. Il bilancio demografico non è diverso da quello lombardo e italiano e del resto il tema della denatalità è «una priorità assoluta del governo».

«Sì, si parla infatti dell’assegno unico, del quoziente familiare per un minor carico di tasse, di asili nido e di altre forme di sostegno - dice Daniele Lissi, papà comasco responsabile regionale della pastorale familiare della Conferenza episcopale dei vescovi lombardi – ed è giusto, va tutto bene perché ci sono giovani che vogliono costruire una famiglia qui, nonostante la precarietà e la difficoltà di trovare casa».

Più leve economiche e aiuti per f are un maggior numero di figli? «Sì però secondo me e secondo le associazioni della pastorale familiare oggi c’è un tema culturale da affrontare – dice Lissi –, l’aiuto dello Stato o del Comune è utile per prendersi cura di un bambino, per riuscire a crescerlo senza problemi. Prima però questo bambino deve essere desiderato, sognato. Ed io temo che questa nostra società non abbia più voglia di gettare il cuore oltre l’ostacolo. Il desiderio di fare un figlio oggi è anestetizzato, vince la carriera, il viaggio, l’effimero acquisto di un lussuoso bene tecnologico. Il figlio è una fatica, non è la luce del futuro. È su questo temo che dobbiamo interrogarci. E dobbiamo farlo in fretta, perché il numero delle mamme che possono fare figli si sta riducendo anno dopo anno e invertire la tendenza sarà sempre più complicato».

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